martedì 9 dicembre 2014

LA PALUDE


«I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela. Gestiscono talvolta interessi loschi, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello. Non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile: sono piuttosto federazioni di camarille, ciascuna con un boss e dei sottoboss. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi e di soffocare in una palude» (E. Berlinguer 1981).


Questo diceva il leader comunista più di trent’anni fa, proponendosi oltre che come leader carismatico del più grande partito comunista occidentale, anche come profeta con una lucida visione del futuro. Futuro che lui, per nostra sfortuna, non ha potuto vedere e, magari provare a condizionarne l’involuzione.
I recenti fatti di Roma e dell’intreccio incestuoso tra malavita, fascisti vecchi e nuovi e mala politica dimostrano che la palude, ormai, non è di là da venire,  ma è già ben presente da anni e ha ricoperto tutto e tutti.
Facendo un passo indietro, morto Berlinguer, caduto il muro di Berlino, l’inchiesta giudiziaria ”Mani pulite” che rade al suolo un’intera generazione politica creano le condizioni per quella che poteva essere una occasione straordinariamente irripetibile per  la storia politica italiana, quella di operare una profonda trasformazione in senso sociale, funzionale e politico  dell’apparato pubblico, sino ad allora preda di appetiti e logiche clientelari tese a salvaguardare il sistema da un’eventuale ascesa e presa di potere da parte del PCI.
Da quel momento cominciarono una serie di errori, voluti o meno non ha importanza, che hanno creato le condizioni ambientali per tutto ciò che è avvenuto dopo. A cominciare dalla grancassa mediatica messa in piedi per passare dal un sistema elettorale proporzionale a quello maggioritario in nome di una presunta necessità di governabilità strutturalmente necessaria rispetto alla rappresentanza voluta dai padri costituenti, convincendo la maggioranza degli italiani a votare compatti a favore nel referendum.( A proposito. Uno dei pochi referendum degli ultimi anni la cui applicabilità e legalità nessuno ha mai messo in discussione, sarà un caso? Bah!).Si cominciò, allora,, in forza della nuova legge elettorale a sfrondare gli obiettivi e le caratteristiche dei partiti da quelle connotazioni ideali che ne avrebbero potuto limitare il fascino attrattivo, cominciando una lenta ma decisa migrazione verso più rassicuranti posizioni ”centriste”, rendendo labili e difficilmente percepibili le differenze tra gli schieramenti. A quel punto irrompono nuovi personaggi, quelli capaci di sfruttare l’effetto mediatico per affascinare l’elettorato, senza tema di usare l’iperbole o fantasiose promesse (Berlusconi docet). A sinistra comincia, invece, come si diceva l’opera di ripulitura ideologica che ottiene come effetto immediato la diaspora e la divisione di un corpo elettorale molto più ideologizzato rispetto quello dell’avversario e, quindi, meno disposto ad accettare compromessi al ribasso. Si rendeva, perciò, necessario intercettare e conquistare nuove fasce di elettorato, operando scelte che moderassero rendendo accettabili a quest’ultimi, anche gli ex spauracchi rossi.
L’altro aspetto negativo (a mio parere) del sistema maggioritario è che prediligedo  e premiando la governabilità rispetto la rappresentanza, tende a rendere, di fatto, perfettamente intercambiabili, gli schieramenti, senza che ne possano sortire mutamenti sostanziali. Questo, ovviamente, rendeva, e rende, estremamente più semplice l’azione e l’infiltrazione all’interno del meccanismo di quegli elementi parassitari e criminali, che a quel punto avevano un terreno di movimento perlomeno doppio rispetto al precedente.
La necessità, inoltre, di dover vincere a tutti i costi rendeva accettabile da parte di quasi tutti, il rischio di intercettare lungo la strada personaggi di dubbia estrazione ma in grado, comunque di garantire finanziamenti e voti. Col nuovo sistema non solo la pecunia ma anche il voto “non olet”. I partiti e le filosofie di pensiero più “radicali” (come da quel momento cominciano ad essere chiamate tutte quelle posizioni non allineate), vengono spinte sempre più nell’angolo e nella mera testimonianza in nome del cosiddetto voto “utile”, cioè quello necessario per far vincere uno dei due competitor.
Sempre in nome del necessariamente nuovo e moderno, comincia il faticoso percorso dell’Italia per rientrare nel primo gruppo di paesi che formeranno l’Unione Europea, pagando, però in cambio, una perdita di sovranità e di rendita economica, firmando trattati e impegni, il cui rispetto, già allora sembrava difficile se non impossibile e che avranno, nel corso degli anni, come logica conseguenza, l’impoverimento collettivo attuale, figlio si, della crisi, ma anche di miopie e scelte scellerate tutte italiane.
In natura quando un habitat viene alterato alcune specie sopravvivono adattandosi al nuovo, altre si estinguono ed altre ancora vengono ad occupare i nuovi spazi creatisi.
Ed è esattamente quello che si è verificato, il vecchio paesaggio in cui i confini tra terra e palude erano meno sfumati e più chiari, nel nuovo habitat, hanno teso a uniformarsi nel degrado ambientale creando le condizioni per cui, a dispetto delle migliaia di norme e leggi, che vengono continuamente emanate per contrastare i fenomeni illegali, di fatto gli spazi per gli appetiti criminali si sono allargati a dismisura diventando parte integrante e, per certi aspetti, predominante del sistema politico e amministrativo italiano.
Oggi logicamente è toccato a Roma e alla sua classe politica essere additata (a ragione) come corrotta e marcia, ma, dalle numerose inchieste aperte e alle migliaia di amministratori e faccendieri indagati (spesso poi non condannati) la palude ha avvolto tutto e tutti. Lo sappiamo bene noi che proviamo a operare nei singoli territori. Non c’è opera piccola o grande, non c’è scelta amministrativa che venga deliberata, che non abbia dietro i suoi bravi e troppo spesso illegittimi interessi, difesi a spada tratta da uno o dall’altro a seconda del momento o, sempre più spesso, da tutti, in nome, ovviamente del benessere collettivo.
Se ne potrà uscire? Si. No. Forse.
L’unica cosa sicura è che per uscirne c’è bisogno dell’impegno e dell’onestà di tanti, affinchè la palude venga lentamente bonificata, le terre dissodate e preservate.
Là dove sarà necessario il mezzo tecnologico lo si usi, ma non si tema in nome del nuovismo di usare anche la zappa e la fatica antica e manuale.
Lo sapeva bene il compagno Berlinguer che, pur cosciente, in un determinato periodo storico di dover operare scelte difficili, non ha mai rinnegato e svilito il suo essere diverso.
Il PCI dell’epoca era l’unico , e a ragione, a potersi definire il partito dalle mani pulite.
Cominciamo ad usare anche noi il sapone della storia, e riscopriamoci capaci non solo di sognare e sperare, ma di operare e rendere possibile il cambiamento.
Ad maiora!


MIZIO

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