domenica 30 settembre 2012

INTERVISTA AD AMIT GOSWAMI ATTIVISTA QUANTISTICO


Amit Goswami ha dimostrato più volte come la scienza e la spiritualità possono essere integrate. Inoltre, è pioniere di un paradigma scientifico multidisciplinare secondo il quale è la consapevolezza, e non la materia, il fondamento di tutto ciò che esiste.

http://www.youtube.com/user/macroticonzero

sabato 29 settembre 2012

PERCHE' IN ITALIA NO ?



Questa sta diventando ormai una domanda ossessiva ovunque ci siano persone che parlano della situazione economica o politica del paese. Per non dire della Rete, dove è diventata una specie di ossessione compulsiva postare foto delle manifestazioni greche, spagnole e portoghesi, e poi chiedersi, appunto: perché in Italia no? Con un regolare automatismo pavloviano, la risposta pressoché unanime fa riferimento, con toni sconfortati e indignati, all’ignavia che gli italiani portano con sé quasi a livello genetico, o al loro degrado talmente profondo da renderli “mobilitabili” solo toccandogli il superfluo, ad esempio il calcio.
Non che tutto ciò non abbia un qualche fondamento, sia chiaro. Ma nel gruppo dei PIIGS non siamo i soli, eventualmente, ad avere quel tipo di caratteristiche, nelle quali gli spagnoli, ad esempio, ci somigliano molto. Eppure loro scendono in piazza, e senza tante storie vanno allo scontro fisico. E allora, al netto dell’innata inerzia italiana e dello sconforto disarmante portato dal disagio economico e sociale, cosa tiene gli italiani, tranne poche eccezioni, chiusi in casa a rintontirsi davanti alle partite di calcio o ai talent show? Cosa abbiamo di troppo, e cosa ci manca rispetto a greci, spagnoli e portoghesi, che ci demotiva a tal punto da lasciarci immiserire e prendere in giro senza colpo ferire? Vale la pena provare a rispondere, e tentare di capire il motivo della paralisi civile, pur di fronte a una macelleria sociale, economica e istituzionale senza precedenti.
Divide et impera è la principale chiave di lettura. Furono i nostri avi latini ad inventare il concetto e il motto che l’esprime, declinato poi con precisione scientifica da quello che è forse il più sincero italiano mai esistito nell’affrontare la politica e i suoi meccanismi, Niccolò Machiavelli. E così, comunemente, il problema dei lavoratori FIAT non è un problema dei lavoratori sardi. La vertenza sull’ILVA di Taranto è affare di chi ne è coinvolto, quindi non è un problema dei precari della scuola o della sanità. Allo stesso modo, i tagli presso gli enti locali di tutte le risorse assistenziali riguarda chi ha un anziano non autosufficiente o un diversamente abile in casa, quindi non è il problema di chi si trova la linea del tram o del bus soppressa, causa tagli al bilancio. E così via.
L’Italia è la terra delle contrapposizioni e delle corporazioni, degli orticelli recintati e in costante e radicale concorrenza reciproca. È il paese dove le problematiche si mettono in classifica, e l’ordine decrescente è deciso dalla pressione (economica, ricattatoria, politica o tutte queste cose assieme) che il singolo raggruppamento è in grado di esercitare sui decisori. Uno scenario dove il denominatore comune non si trova mai, dove non è mai possibile che, ad una voce, si senta una riflessione finalmente unanime ed esatta sul fatto che è l’intero impianto, il sistema in sé ad essere sbagliato e a generare i diversi disagi circoscritti. Quando ci si avvicina a un punto del genere, c’è sempre qualcuno che alza la mano e solleva l’eccezione che divide, il cavillo che disgiunge e demotiva qualunque istinto allo sviluppo di un approccio trasversale e solidale ai problemi.
Si dice che questo alla contrapposizione sia un istinto innato, scritto nel nostro DNA e nella storia. Ma i cittadini di altri paesi vicini, che oggi sono insieme in piazza, non hanno storie diverse, quindi l’alibi non regge. La causa dunque risiede altrove, anzitutto nel fatto
che lo sviluppo civico degli italiani è stato ed è scientemente represso. Quel processo di maturazione che altrove ha fatto ben digerire il tramonto delle ideologie, da noi è ancora lontanissimo. Il boccone è ancora in gola, dove è marcito infettando tutto. Per questo, ad esempio, attecchisce ancora da noi un Berlusconi che parla di “pericolo comunista”, formula che ormai dovrebbe essere buona al massimo per una battuta da cabaret.
Il processo di presa di coscienza naturale di una realtà globale che cambia e che coinvolge tutti è stato, con calcolo, soffocato nella culla dalla permanenza di retoriche post-ideologiche, certificate e perpetuate da mass-media, servi fedeli di un sistema che garantisce loro una ricca sopravvivenza, ma non solo. Complici di questo stato di cose sono le forze sindacali, distinte in Italia ancora da riferimenti ideologici inesistenti. Da noi il loro ruolo è fare la faccia truce, a fasi alterne, gettando acqua sul malcontento e la protesta, mentre altrove, come in Portogallo, accendono con intransigenza la miccia della ribellione, senza remora alcuna e con l’obiettivo dichiarato non di ottenere 30 euro lordi in più nella busta paga di questa o quella categoria, bensì di cambiare l’impianto generale con cui il popolo tutto viene governato. v In Italia, insomma, non c’è nessuno, organizzazione o singolo, capace di suscitare nelle masse a disagio per ragioni apparentemente concorrenti l’idea che il problema è complessivo, sistemico, e che come tale va affrontato. In compenso, tutto è costruito perché attorno alla tavola riccamente imbandita degli interessi costituiti, i cittadini si scannino tra di loro per raccogliere le sempre più piccole briciole che da essa cadono. In quest’ottica, anche l’unica apparente luce che si intravvedeva, il Movimento 5 Stelle, finisce per mancare il colpo, chiuso com’è nel recinto della Rete, e annoverando tra le proprie fila schiere di attivisti che si dichiarano più puri degli altri, e quindi pronti ad epurare chiunque.
Quella luce, priva com’è di un impianto di idee dichiaratamente sistemico e trasversale, invece di incendiare e illuminare, rischia di incanalare e sterilizzare la protesta, recintandola in una comoda “riserva elettronica”. Ma soprattutto crea l’ennesima fazione inefficace e irriducibile. I promotori dell’unica iniziativa davvero avanzata (forse anche troppo), dell’unica opportunità concreta di cambiamento vista da anni, restano così a trastullarsi col PC e a scannarsi a vicenda, dichiarando alta la propria superiorità. Mentre altrove il ricco banchetto per pochi continua, avendo per sottofondo il clangore della nostra guerra tra corporazioni di poveri che pretendono ovviamente di essere più poveri degli altri.
DI DAVIDE STASI


venerdì 28 settembre 2012

LE GUERRE PER IL PETROLIO


Attentato alle Torri Gemelle, Bin Laden, G.W.Bush, il terrorismo islamico, l'esportazione della democrazia, bla,,bla, bla... e se fosse tutt'altro?

giovedì 27 settembre 2012

CHE C' AZZECCA LA SINDROME DI STOCCOLMA?


“Sindrome di Stoccolma si ritiene uno stato psicologico particolare che si manifesta in seguito ad un episodio estremamente violento o traumatico, ad esempio un sequestro di persona o un abuso ripetuto. Il soggetto affetto da Sindrome di Stoccolma durante l’abuso o la prigionia, prova un sentimento positivo, fino all’amore, nei confronti del proprio aguzzino. Si crea una sorta di alleanza e solidarietà tra la vittima e il carnefice.
La Sindrome di Stoccolma prende nome da un episodio dell’agosto del 1973 avvenuto nella capitale svedese: quattro impiegati di una banca furono tenuti in ostaggio per sei giorni da due criminali. Al momento del rilascio essi espressero sentimenti di solidarietà verso i propri sequestratori. Una delle donne rapite instaurò un autentico legame sentimentale con uno dei rapinatori”. cit. da Wikipedia





Come direbbe l’On. Di Pietro: ”Che c’azzecca” la sindrome di Stoccolma con la situazione politica-social-finanziaria della società italiana, e non solo!
Andiamo con ordine, qual è la molla iniziale di una persona in balia di situazioni non controllabili e da cui ne viene un reale pericolo? Senza dubbio lo sconcerto e la paura!
Subito dopo scatta nella maggioranza dei casi il tentativo di uscirne con il minor danno per sè stessi, raramente si riesce a pensare anche agli altri. Infine, se i sequestratori, mostrano di avere motivazioni argomentate anche se non condivisibili, scatta la suddetta sindrome. Si arriva a giustificare i propri aguzzini e in molti casi a solidarizzare con loro, arrivando a considerare avversari coloro che fino a quel momento si sono adoperati per la propria salvezza.
Ora vediamo cosa è successo nelle società nel corso della storia. Alla forza bruta e alla violenza delle società primitive, da cui derivava il potere dell’epoca, si è passati man mano a forme di organizzazione della società sempre più complesse attraverso imperi, monarchie, organizzazioni che, comunque, sempre mantenevano il proprio dominio gestendo la paura del popolino con minacce sia fisiche (forza militare), legislative e morali (dogmi e imposizioni religiose).
E’ solo negli ultimi due secoli che, con il progredire della scienza e della morale la paura viene sempre più abbandonata. Questo grazie anche, se non soprattutto, alle nuove idee democratiche della borghesia francese del 1789 prima, e marxiste e socialiste poi, in cui si affermavano principi di uguaglianza e di pari dignità tra gli esseri umani, mettendo in discussione i sistemi di potere fino ad allora dominanti.
Finalmente l’uomo si liberava da ataviche paure e pretendeva il rispetto e i diritti che gli spettavano. La rivoluzione Francese prima, i moti indipendentisti in Europa della metà dell’ottocento, le lotte operaie del secolo scorso erano riuscite a sconfiggere il paradigma fino ad allora imperante, che gli uomini fossero diversi nei bisogni e nella scala sociale per censo o volontà divina.
Tutto ciò avveniva non in maniera naturale  e indolore, ma grazie alla presa di coscienza delle masse che scendevano in piazza per il riconoscimento di diritti e giustizia fino ad allora ignorati dai potenti, costringendoli ad arretrare sempre più nella difesa dei loro privilegi. Migliaia di caduti hanno insanguinato le strade e le piazze e  delle grandi città europee, e non da meno erano le masse contadine che si ribellavano al latifondismo dei grandi proprietari terrieri e alle forme di servitù, quasi schiaviste, della mezzadria.
Quindi non concessioni generosamente elargite, ma conquiste strappate con lotte e sacrifici e spesso pagate a caro prezzo con il carcere e la vita.
La paura arretrava e le masse cominciavano a godere di diritti fino ad allora riservati esclusivamente ai nobili e alle classi più abbienti.
La fame, le malattie l’ignoranza venivano piano piano debellate (anche se mai completamente). I lavoratori non erano più proprietà del padrone, ma godevano maggiormente dei frutti del proprio lavoro, scoprivano la cultura, il riposo e il piacere di vite più degne di essere vissute.
La paura veniva mantenuta in vita attraverso le guerre: le due cosiddette mondiali e altre legate magari a interessi nazionalisti ma che mantenevano alta la tensione grazie agli interessi delle grandi potenze.
Nel complesso, però, la vita, mediamente, era maggiormente godibile e si cominciava a parlare anche di diritti civili e di temi fino ad allora fuori dal dibattito politico perché considerati tabù o perchè non sentiti.
Nel frattempo i mezzi di comunicazioni di massa si diffondevano e cominciavano la loro opera di disinformazione e annichilimento culturale, proponendo modelli  e  informazioni tese ad addormentare le coscienze che si erano svegliate.
Si perchè i padroni del mondo nel frattempo non erano stati  inoperosi ma hanno cominciato una lenta ma inesorabile guerra per riprendersi le posizioni di potere messe in discussione fino ad allora.
E per far ciò non hanno esitato ad usare tutte le armi, psicologiche e ricatti  sociali, ma alimentando alla fine la stessa grande debolezza umana: la paura. E così hanno creato artificiose divisioni tra le persone con concetti e modelli da loro ideati ad hoc: globalizzazione, conflitti generazionali, religiosi e, infine siamo ad oggi, crisi finanziarie e conseguenti  debiti pubblici, con i quali in Italia e altri paesi si sono giustificate misure che riportano indietro l’orologio della storia di almeno un secolo.


Che cos’è, però che stupisce? Vista dal loro punto di vista nulla, hanno fatto e fanno ciò per cui si sentono investiti da Dio e dagli uomini, asservire e guidare secondo i loro principi la massa ignorante. Al contrario, da un punto di vista più ampio, stupisce la relativa o nulla, in alcuni casi, reattività delle vittime di queste manovre.
Eccoci allora alla sindrome di Stoccolma applicata su vasta scala, ognuno pensa e teme di perdere quel poco di benessere che si è trovato ad avere grazie ai sacrifici passati, ed è, quindi ancora la paura la grande protagonista dei nostri tempi.
Ognuno cerca di mantenere il proprio status, anche a scapito degli altri,si prendono per buone le verità ufficiali, sapendo bene che verità non sono. Si blandiscono i potenti (piccoli o grandi) di turno per continuare a usufruire di favori e tranquillità sociale. Si delegano a governare personaggi che sappiamo essere benissimo i peggiori esponenti della razza umana, ma che, si pensa: “A noi non ci toccherà più di tanto” e per giustificarsi : “ Tanto, alla fin fine, sono tutti uguali”. 
Incapaci di reagire, di avere pensieri autonomi, siamo prigionieri non solo dei cattivi di turno ma soprattutto di noi stessi e della nemica numero uno dell’essere umano: la paura che, se è, comunque, un sentimento naturale e spesso di salvezza dall’ incoscienza, in questi casi è indotta e sfruttata per biechi fini di potere e per l’ asservimento delle masse.
La paura e l’interesse personale, ci porta quindi, spesso, a non vedere le catene che si stringono sempre più attorno al nostro collo anzi, in molti casi siamo portati a giustificare tali azioni convinti che siano per il supremo interesse generale, che, invece, il più delle volte, è vantaggio di pochi. Come appunto accade nella Sindrome di Stoccolma solo che, in questo caso, siamo tutti ostaggi, e non c’è nessuno che possa liberarci, se non noi stessi.

MIZIO

lunedì 24 settembre 2012

IL RISCALDAMENTO GLOBALE COME NON L'AVETE MAI VISTO


in soli 26 secondi l'incredibile cambiamento del
pianeta dal punto di vista climatico.





Questa animazione, realizzata e diffusa dalla NASA, mostra la distribuzione e l'entità del riscaldamento terrestre dal 1880 al 2011. Tutto succede in 26 secondi e nell'ultima parte del video sembra divampare un incendio: è l'impressionante dimostrazione visiva dell'innalzamento della temperatura che si è verificato negli ultimi quarant'anni.


domenica 23 settembre 2012

OGM E TUMORI, PER CONFEURO NON SERVONO ALLARMISMI



A poche ore dalla diffusione degli allarmanti dati dello studio francese sul rapporto tra OGM e tumori nei topi, arrivano già i primi tentativi di gettare acqua sul fuoco acceso dai dati scientifici. Confeuro, sindacato agricolo nato nel 2001 dalla fusione di Eurocoltivatori e Over50 (l’Associazione Pensionati Europei), tramite il suo presidente Rocco Tiso chiede che non si facciano allarmismi e che si continui la ricerca:

Lo studio effettuato dall’università di Caen sulla pericolosità per l’uomo dei prodotti geneticamente modificati è certamente un’indagine seria e da analizzare con attenzione, ma non deve in alcun modo creare inutili allarmismi, né cancellare i moltissimi anni di ricerca in materia.

Secondo Tiso, per questo, sospendere le autorizzazioni per la coltivazione di mais OGM già concesse sarebbe un errore, una “mossa avventata e inutile”.

Al contrario, secondo Tiso tutto deve continuare come se nulla fosse cambiato:

Bruxelles, prima di cambiare radicalmente opinione in materia, dovrà avere a supporto prove evidenti e certamente convincenti sull’effettiva pericolosità delle coltivazioni geneticamente modificate.

Per Confeuro, quindi, i tumori riscontrati nei topi che hanno mangiato mais ogm Monsanto e sono entrati a contatto con l’erbicida “Roundup” non bastano a dimostrare che gli ogm sono cancerogeni. Cosa serva a dimostrarlo, a questo punto, è difficile da capire.

Quello che è certo, invece, è che Confeuro da tempo ha una visione nettamente pro-ogm. Appena due settimane fa, il 7 settembre, lo stesso Tiso affermava:

Siamo soddisfatti che la Corte di giustizia Ue abbia emesso una sentenza che apre definitivamente la strada alla coltivazione ogm. Sugli Ogm ci sono due posizioni una che sostiene le grandi aziende del settore, un’altra che è ideologicamente e nettamente contraria agli ogm: noi della Confeuro siamo a favore della coltivazione degli ogm, naturalmente in primis va tutelato il consumatore.

Evidentemente vietare al consumatore di mangiare cibo che ammazza i topi, o vietare che tale cibo sia mangiato da vacche e maiali poi mangiati dagli esseri umani, non è considerato da Tiso e da Confeuro una forma di tutela.

A questo punto la domanda nasce spontanea: cosa ne penserà di questo studio il nostro ministro dell’Ambiente Corrado Clini, che si è già espresso favorevolmente in passato sulla semina degli OGM?

Fonte: Confeuro (CONFEDERAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI E SINDACATI LIBERI DEI LAVORATORI AGRICOLI EUROPEI)



 http://www.greenstyle.it/
 



FIOM E L'OPPOSIZIONE AL GOVERNO MONTI

Sergio Bellavita: «c’è bisogno di un sindacato che lanci parole d’ordine»
fiom 20120921





Grazie alle battaglie di Pomigliano e Mirafiori contro il modello Marchionne, la Fiom era ritornata ad essere il punto di riferimento per tanti lavoratori e per una potenziale opposizione sociale. Oggi, pur essendo ancora in prima linea in tutte le principali vertenze dall’Ilva all’Alcoa, sembra attraversare un momento di impasse. Di questo, così come dei problemi nel mondo del lavoro e delle difficoltà del sindacato abbiamo discusso con Sergio Bellavita, Segretario nazionale Fiom-Cgil. (a.l.)

Quando Sergio Marchionne arrivò in Fiat, buona parte del mondo politico e sindacale italiano ne elogiò le grandi doti manageriali. Da Bonanni a Fassino passando per Bersani, soddisfazione e aspettative positive erano generali. Abbiamo visto in questi anni a cosa ha condotto la strategia dell’Ad di Fiat. Domani i ministri Passera e Fornero, assieme al Premier Mario Monti, lo incontreranno per ulteriori delucidazioni in merito alle politiche aziendali del gruppo in Italia. Pensi che ci si possa ancora aspettare qualcosa di positivo dal manager Fiat?
La strategia di Marchionne in Italia è stata essenzialmente quella di utilizzare il progetto Fabbrica Italia che era finto, evidentemente fasullo già dall’inizio, perché non era immaginabile triplicare la produzione in una fase di conclamata crisi come quella in cui ci trovavamo già nel 2009. 
Tale progetto è stato utilizzato come leva sul terreno contrattuale e sociale per l’affermazione di un modello diverso, in cui venivano cancellati tutti i diritti conquistati negli anni 70; si è trattato di una vendetta sociale da parte del padronato, ed oggi è chiaro a tutti che sul terreno dei prodotti, del rilancio e difesa degli stabilimenti non c’è nulla. Il progetto di Marchionne è finanziario, ed è più legato all’operazione degli Stati Uniti, alla Chrysler, ai fondi ricevuti da Obama, non certo al carattere industriale di Fiat in Italia. Domani i ministri Fornero, Passera ed il premier Monti dovrebbero piuttosto comunicargli che lo stato italiano si farà carico di salvaguardare l’occupazione e gli stabilimenti in Italia e si prenderà direttamente Fiat.
Landini ha dichiarato che è necessario riprendere le assemblee ed impegnarsi affinché non vengano più sottoscritti accordi separati.
Che non vengano più firmati accordi separati è un auspicio, sarebbe utile ai lavoratori. Ma il punto è che quel che resta di Fabbrica Italia è il sistema schiavistico introdotto da Marchionne con la complicità di Fim e Uilm, e questo sistema va cancellato. Se Fim e Uilm capiscono che tutto quello che hanno fatto non solo non ha prodotto risultati ma ha ridotto l’occupazione, e fa lavorare peggio quei pochi rimasti, allora va bene, altrimenti bisogna lottare contro quel modello anche da soli.
Il 16 ottobre 2010 una grande manifestazione della Fiom diede l’impressione di essere l’inizio di una promettente mobilitazione in tutto il mondo del lavoro, sembrò un risveglio di combattività che poteva coinvolgere l’intero paese. In questi anni invece abbiamo assistito ad un regresso, ad una progressiva ritirata della Fiom. Cosa è successo?
Il 16 ottobre 2010 come Fiom abbiamo avuto una occasione straordinaria, c’era una richiesta incredibile di Fiom non solo da parte dei metalmeccanici ma di tutto il lavoro dipendente che si è riconosciuto nel no di Pomigliano e di Mirafiori, come un atto di resistenza ma anche come possibilità concreta di ripartire nella lotta. La Fiom invece non ha risposto a questa domanda, è mancata alla necessità di affermare un polo alternativo anche rispetto alle scelte della segreteria Cgil. Avrebbe dovuto fare un atto di rottura rispetto alle scelte della Confederazione, in vista della costruzione sociale del conflitto ma è venuta meno a questo compito.
Nonostante pesanti sconfitte, quali quelle sulla riforma delle pensioni e sull’art.18, la linea di Susanna Camusso continua ad essere ultramaggioritaria tra gli organismi dirigenti della Cgil. Pensi che le posizioni di Camusso siano effettivamente rappresentative delle richieste e dei bisogni della base?
Nel 2001-2002 quando Cofferati dichiarò guerra al tentativo di Berlusconi di sterilizzare l’art. 18 , tentativo più lieve di quanto ha poi fatto il governo Monti, la Cgil dall’alto decise di fare una mobilitazione straordinaria e sconfisse Berlusconi, salvando l’art.18. Questa volta la Cgil dall’alto ha deciso di non mobilitarsi nonostante la disponibilità della base a lottare ed a mobilitarsi ci fosse assolutamente. E’ evidente che il governo di larga coalizione con il Pd ha pesato su questa scelta, e siamo arrivati al punto più basse dell’autonomia della Cgil dal Pd. Il gruppo dirigente non offre nemmeno più possibilità di verifica perché le assemblee nei luoghi di lavoro si fanno sempre più sporadicamente.
L’opposizione alla Camusso dentro la Confederazione, “La Cgil che vogliamo”, non è mai arrivata ad essere conosciuta dai lavoratori, tantissimi ne ignoravano persino l’esistenza. Come mai questo vostro progetto è chiaramente fallito?
Il progetto è fallito senza mai aver davvero preso piede. Il congresso è andato decisivamente male, prima di tutto per i furti dei voti, non è stato democratico e quindi il documento di “La Cgil che vogliamo” ha avuto penalizzazioni forti, non ha avuto pari dignità, pari diritti, pari riconoscimento: dove nel congresso c’erano i rappresentanti di entrambi i documenti, magari vinceva anche la maggioranza, ma con voti risicati, ed una bassa partecipazione soprattutto. Dove c’era il solo documento di maggioranza a volte si verificava addirittura il 115% di partecipazione rispetto agli aventi diritto. Qualche dubbio più che legittimo rispetto a quella che è stata la conduzione del congresso quindi c’è. “La Cgil che vogliamo” avrebbe dovuto, come avrebbe dovuto la Fiom, decidere di costruire davvero l’opposizione interna con un atto di rottura forte, ma non l’ha fatto. Dopo aver perso sull’accordo del 28 giugno, ha perso completamente qualsiasi ruolo e funzione. Ormai fa seminari e dibattiti, anche interessanti, ma nei luoghi di lavoro non la conosce nessuno per colpa della “Cgil che vogliamo” stessa. A Bologna, una città importante industrialmente e sindacalmente, tra gli attivi quelli di “La Cgil che vogliamo” erano la maggioranza assoluta, e potevano avere un ruolo molto forte, mentre invece è rimasto tutto tra gli apparati e nel direttivo nazionale, dove era evidente perdere.
La Fiom si è sempre battuta per la democrazia nei luoghi di lavoro ed all’interno della Confederazione stessa. Adesso all’ultimo comitato centrale abbiamo visto le dimissioni di Spezia ed Airaudo finalizzate ad escluderti dalla segreteria e a silenziare la sinistra interna. Cosa succede?
Succede che purtroppo la sconfitta sindacale che c’è ed è pesante sull’ art. 18, nonostante Landini ed Airaudo non la vogliano riconoscere, produce anche autoritarismo, proprio perché non si vuole affrontare una condizione così complicata e difficile. Ma se non la si affronta, non si riesce neanche a cambiare la linea perché evidentemente qualcosa non ha funzionato, se coloro che vogliamo rappresentare oggi sono più deboli e meno tutelati di prima. La contraddizione è esplosiva nel rapporto con i lavoratori e si pretende di avere un sindacato che come un solo uomo, una sola voce, per coprire questa contraddizione. Il sindacato oggi non ha più una linea in grado di affermare una risposta adeguata ai bisogni. Dall’Alcoa a Fiat ad altre aziende non c’è più una linea sindacale che riesca a dire davvero con forza che siamo contrari al Fiscal Compact, che siamo contro le politiche del governo Monti, che l’ Europa e l’euro così come sono ammazzano il lavoro e non potranno mai cambiare perché porteranno ad un peggioramento costante della condizione dei lavoratori. Dovremmo dire che c’è bisogno di un intervento pubblico, anche all’Ilva, dovremmo chiederne la nazionalizzazione, dovremmo chiedere che ai Riva venga fatto pagare il costo del risanamento. Ci vuole quindi un sindacato di rottura, un sindacato sovversivo rispetto a tutto quello che succede. O fai così, o sei la Cisl.
Servirebbero nuove parole d’ordine, anche di nazionalizzazione quindi.
Assolutamente. Guardiamo ad Alcoa: era un’azienda con partecipazione statale prima delle grandi privatizzazioni italiane che hanno portato alla distruzione del patrimonio industriale. L’intervento pubblico è indispensabile, perché solo lo stato può davvero farsi carico di iniziative di risanamento ambientale , facendo pagare ai Riva i danni. In altri paesi esiste ancora la partecipazione pubblica. Alcoa rischia di chiudere perché non ha alcun interesse a che quello stabilimento vada avanti. Ma non chiude a livello globale, chiude in Italia, e quindi c’è bisogno di un sindacato che lanci parole d’ordine che siano in grado di mettere in campo la prospettiva di un intervento pubblico.
di Anna Lami

sabato 22 settembre 2012

IL SOLE RESPONSABILE DELLE MORIE DI PESCI E UCCELLI?


Negli ultimi 2 anni si è assistito ad una moria di pesci, di uccelli e di molte specie marine in tutto il mondo. Spesso, soprattutto nel caso dei pesci, la causa è da imputare all’inquinamento delle acque nei pressi delle coste, agli errori umani nel caso di perdite di combustibile delle imbarcazioni, o più semplicemente alle attività antropiche più svariate. Altre volte però le cause restano misteriose, specie nel caso di interi stormi di uccelli caduti dai cieli di tutto il mondo. Sono state avanzate varie cause, tra cui l’inversione dei poli magnetici e l’attività solare.


Proprio quest’ultima, secondo una ricerca, potrebbe essere la causa primaria di tale situazione. Le conoscenze scientifiche attuali ci dicono che questi animali utilizzano il campo magnetico terrestre durante le lunghe migrazioni. L’attività solare prossima al picco massimo del ciclo undecennale, avrebbe causato degli squarci nella nostra magnetosfera, la regione di spazio circostante un corpo celeste, entro la quale il campo magnetico da esso generato domina il moto delle particelle cariche presenti. Il nostro pianeta è protetto da questa sorta di scudo, che non permette alla radiazione solare, composta da nubi di plasma e particelle cariche, di penetrare in superficie. Questo è parzialmente vero, nel senso che in caso di forti eventi, una parte del flusso di radiazioni può violare questo scudo protettivo. Nel 2008 la NASA ha rilevato una massiccia violazione nella magnetosfera, permettendo al vento solare di penetrare e causare enormi tempeste geomagnetiche. E’ noto come alcune città siano rimaste al buio per svariate ore, dal momento che questi eventi creano in primis, danni alle apparecchiature elettriche e ai sistemi di comunicazione. E’ noto che le tempeste solari bombardano il nostro pianeta con particelle ad alta carica che possono influenzare la ghiandola pineale negli esseri umani. Il British Medical Journal ha pubblicato i risultati che supportano la tesi, che tradotto, significa un minor senso dell’orientamento e casi di mal di testa. Confrontando però la ghiandola pineale degli esseri umani a quella degli uccelli, si nota una differenza non di poco conto che spiegherebbe le motivazioni per le quali questi ultimi risentano maggiormente di questi fenomeni. Negli esseri umani la ghiandola pineale pesa 2 grammi, ed equivale a meno dell’1% del peso totale del cervello, mentre quella dei piccioni pesa 1,5 grammi, ed equivale al 10% del peso del loro cervello. Facile intuire come gli uccelli abbiano una maggiore sensibilità e di conseguenza una maggiore vulnerabilità alle tempeste solari. Recentemente si è inoltre scoperto che gli uccelli possono vedere il campo magnetico attraverso fotorecettori presenti nei loro occhi, permettendo loro di orientarsi maggiormente durante i voli migratori. Secondo uno studio riportato su Science Daily, creature come granchi, squali, salmoni, stelle marine e delfini utilizzano il campo magnetico anche per un secondo scopo oltre a quello migratorio, ossia per localizzare la preda. Secondo la rivista National Academy of Sciences, si è scoperto che le piccole cellule ricche di ferro chiamate magnetite, incorporate nei passaggi nasali della trota iridea, sono cento volte più potenti di quanto si pensasse in precedenza, permettendo loro di utilizzare una sorta di bussola all’interno del sistema sensoriale. La recente morte di oltre 40.000 granchi, stelle marine, aragoste, e anemoni in Inghilterra, mette in evidenza gli effetti biologici di una magnetosfera disturbata.


Dato per scontato, come la scienza insegna, che le creature migratorie di tutto il mondo si affidino alla magnetosfera per orientarsi, è facile intuire come la grande sensibilità di questi animali sia decisamente a loro svantaggio in caso di tempeste solari di rilievo. Mentre ci avviciniamo al massimo dell’attività del ciclo solare di Schwabe, salgono le opportunità per studiare gli effetti che i cambiamenti della magnetosfera possano esercitare sulla nostra biologia e su quella delle altre creature che popolano il nostro pianeta.
di Renato Sansone

LA MORALE DEL DEBITO E IL TEMPO RUBATO




Intervista a Maurizio Lazzarato

Prestiti, crediti, creditori, debitori, deficit, debito e tasso di rimborso, "fiscal compact" ... Il debito è ovunque, ha invaso la nostra vita. Ma il debito non è solo economico, il debito è soprattutto un’opera della politica.

Non è una sfortunata conseguenza della crisi, è al centro del progetto neoliberista e permette di rafforzare il controllo degli individui e delle società."Il rimborso del debito è una appropriazione del tempo. E il tempo è la vita", spiega il sociologo e filosofo Maurizio Lazzarato (La Fabbrica dell'uomo indebitato).

Lei dice che l’Homo debitor è il nuovo volto dell’Homo economicus. Quali sono le caratteristiche di questo "uomo nuovo"?

-Molti servizi sociali come l'istruzione e la salute, sono stati trasformati in assicurazioni individuali o in privilegi. Il modello di sviluppo neo liberista è basato su credito e indebitamento. Questa situazione si è aggravata con la crisi dei mutui subprime del 2007. Un esempio? L'istruzione negli Stati uniti: la FED, la banca centrale, ha recentemente stimato che l'importo totale dei prestiti effettuati agli studenti è arrivato alla cifra astronomica di 1000 miliardi di euro! Si tratta di una cifra enorme. Per accedere ai servizi, l’istruzione, si deve pagare tutto con i propri soldi. Si diventa subito debitori. Imprenditori della propria vita, del proprio "capitale umano".
Il diritto all'istruzione e alla casa si sono trasformati in diritto al credito ...
E 'una logica che funziona solo se l'economia è in espansione. Ma il debito privato è stato trasferito negli Stati Uniti, dove hanno salvato le banche, facendo in questo modo aumentare il debito sovrano. E siamo diventati tutti debitori, cosa che non può andare avanti all'infinito! Ogni bambino nato oggi in Francia ha 22 mila euro di debiti  ( ndt. In Italia 32 mila) ... Al momento dell'espansione del capitalismo neoliberista, il credito ha permesso di realizzare progetti di vita, dei progetti economici di sviluppo, è stata una apertura verso il tempo, verso nuovi progetti. Oggi la logica è rovesciata, la nostra unica prospettiva per alcuni anni, è quella di pagare! Il debito è prodotto e realizzato da banche private, ed è la popolazione nel suo insieme che deve rimborsare. In Spagna, Italia, Grecia, le misure di austerità faranno aumentare le privatizzazioni dei servizi e la logica liberale del debito.

Come si fonda un nuovo rapporto sociale, e un nuovo rapporto con il tempo?

-Ho ripreso l'ipotesi che ha sviluppato Friedrich Nietzsche: il rapporto sociale non è fondamentale uno scambio economico o simbolico, ma è il rapporto debitore /creditore. Un rapporto basato sulla fiducia, sulla promessa: Io, debitore, sono d'accordo a rimborsare il credito, e sono garante per me stesso. Questa promessa che impegna il futuro, che si gioca nel futuro, è al centro del rapporto creditizio. Alcuni testi medievali spiegano che il credito è un "volo nel tempo". Si diceva allora che il tempo appartenesse a Dio e che i creditori erano ladri del tempo di Dio. Oggi, il tempo appartiene al capitale. Con il credito, si fa una previsione sul futuro. Questa può essere una anticipazione positiva - come era prima della crisi - ma oggi si tratta di una previsione che blocca completamente il futuro, lasciando come unica prospettiva “ripagare il debito”. La crisi continua, la crescita è debole, il debito aumenta. Saremo bloccati a lungo ancora con "questo rimborso del tempo." Il rimborso del debito è una appropriazione del tempo. E il tempo è la vita.
Un debito non è solo denaro da pagare, ma  comportamenti da cambiare, e tempo da passare assoggettati a dei vincoli.  Come impatta la logica del credito e del debito sul nostro stile di vita?
Si tratta di una nuova forma di controllo. Le società del  XIX secolo e dell'inizio del XX  erano società regolamentate, come le descrisse Michel Foucault. Il controllo sulle persone veniva fatto in spazi chiusi - scuole, carceri, fabbriche ... Si potevano controllare le azioni del lavoratore o dello studente,  che avevano un loro posto specifico. Con il credito, lo spazio si è aperto, il controllo è completamente diverso. Si è obbligati a pagare tutti i mesi una certa cifra. Si è costretti ad impostare la propria vita secondo questo requisito, si deve assumere un livello di vita compatibile con il rimborso  che si deve restituire. Stiamo attraversando una fase di adattamento. Presto ci si dovrà adattare, in tempo reale, ai movimenti del mercato azionario! E questo controllo non è solo sugli individui, ma su interi paesi: E’ il rimborso del debito che "decide" oggi le riduzioni dei salari, la riduzione dei servizi sociali, della spesa pubblica. Questo influenza lo stile di vita, e fa prevedere che ci saranno spaccature e divisioni. Il debito neutralizza il tempo, materia  prima di qualsiasi cambiamento politico o sociale, anzi consente anche di imporre forme regressive di organizzazione sociale. Tutto per un debito che non potrà mai essere rimborsato: da un punto di vista economico, questa è una follia!

Il tasso di indebitamento delle famiglie rispetto al reddito disponibile è del 120% negli Stati Uniti e 140% in Gran Bretagna. Questa situazione è sostenibile?

-Il debito in Italia è del 120% del PIL. Non è possibile rimborsare queste somme, nemmeno in 10 o 15 anni. Si dovrebbe dissanguare la gente in modo abominevole. Il pagamento di interessi sul debito francese è di 50 miliardi di euro all'anno ( ndt. 80 miliardi in Italia). Sia che siamo in recessione o in crescita, ci sarà sempre da pagare 50 miliardi di euro (1.200 miliardi accumulati a partire dal 1974 ). E' la seconda voce per importanza sul bilancio dello Stato francese. Una specie di decima, di prelievo forzato, che si aggiunge ai prelievi per le politiche di austerità. E d'altra parte, si privatizza, si continua a vendere i beni dello Stato.  In Italia, ci si aspetta di vendere ogni anno 20-25 miliardi di euro di beni dello Stato. In dieci anni avremo privatizzato tutto!

Il predominio attuale del sistema bancario, della finanza, è un segno della centralità della relazione sociale debitore / creditore?

.Marx aveva detto : Non saranno gli industriali a guidare il capitalismo, saranno i banchieri. Il denaro depositato nelle banche è una forma astratta di ricchezza. Ma è anche un enorme potenziale che può essere investito in qualsiasi campo, mentre il capitalismo industriale è "indirizzato (alla produzione)". Quindi, il potere del denaro è più importante. Il capitalismo è fondamentalmente industriale, ma è il capitalismo finanziario che gli detta la forma che deve prendere. Questo potere del capitalismo finanziario è stato bloccato durante il boom post-bellico, ma il potere finanziario adesso è tornato. Dal 1988, in Francia, il debito può essere comprato e venduto. Questa "cartolarizzazione" del debito, la possibilità di conversione del debito in titoli di debito negoziabili sul mercato, ha determinato la situazione attuale. Diventa un moltiplicatore di debito, di investimenti finanziari, e quindi di rischio.

Lei cita il filosofo Jean Baudrillard: "Torneremo con il  credito stesso ad una situazione propriamente feudale, quella che prevede che una parte del lavoro sia dovuta al vassallo, un lavoro coatto." La logica attuale del credito, ci sta preparando ad una regressione?

-La logica che ha messo in moto questa crisi è che la gente si è impoverita nel momento stesso in cui ha avuto la possibilità di indebitarsi, con il pretesto di democratizzare e ampliare il diritto al credito ... ma si rivolgevano a persone che non potevano ripagare i debiti. La stessa cosa che è successa con il credito agli studenti: se gli studenti diventano sempre più poveri, come faranno a pagare? Si trovano ad avere debiti prima di entrare nel mercato del lavoro, a 20 anni devono comportarsi come una ditta individuale che deve pianificare e calcolare costi e investimenti. Li fanno diventare un’impresa ed è contro questo che recentemente si sono mobilizzati gli studenti in Canada e in Cile.

Si rimprovera alla gente il debito pubblico, cercando di colpevolizzare, ad esempio, i greci. Ma anche noi viviamo sotto un bombardamento che ci incita a consumare di più e a vivere a credito ...
Ci sono due morali che si scontrano attualmente; la  morale del debito e la morale dei consumi. Stampa e televisione ricordano che siamo responsabili del debito, che mangiamo troppo, che non lavoriamo abbastanza, che si ricorre troppo spesso alla sicurezza sociale. E dall'altra parte, ci dicono che dobbiamo gratificarci con tutti i beni che sono a nostra disposizione. La morale edonista del consumo e la morale colpevolizzante del debito e del lavoro, che convivevano prima della crisi, ora sono diventate contraddittorie. Si ritrovano nella logica dell’austerità e nella logica della crescita, ma nessuna delle due è una soluzione alla crisi.

Lei evoca le analisi di Nietzsche,  che spiega come il debito permetta il passaggio da una società selvaggia ad una società civile, perché il debito obbliga l'uomo a costruirsi una memoria e quindi gli da una capacità di promessa. Il credito è un processo socialmente positivo?

-Il debito è un meccanismo che non è di per sé negativo. Si tratta di uno strumento per costruire nuove scuole o nuovi ospedali ... Ma nella logica capitalista, diventa uno strumento di potere. Oggi, il debito ha il solo scopo di arricchire il creditore. Rimborsare significa arricchire gli investitori istituzionali. La gente ha creduto in questo sistema, ne è stata attratta.  Ha funzionato per venti anni e abbiamo avuto l'impressione di essere arrivati in un Eldorado, dove i rimborsi si potevano pagare “dopo”.  Per anni, si sono comprati il nostro consenso, negli Stati Uniti, si possono avere in tasca decine di carte di credito. E tutto ha funzionato per un po'. Ma non si può rinviare tutto a tempo indeterminato. E malgrado ciò, il capitalismo ha introdotto l'infinito nell'economia. Il consumo non ha come fine la soddisfazione, ma di indurre ad altro consumo. Quindi è una frustrazione, perché non si finisce più di consumare, di pagare il debito ...

Tuttavia, il credito permette di entrare in possesso in anticipo di beni a cui non sarebbe stato possibile accedere, e di migliorare le condizioni materiali di vita?

-Tutto gira intorno allo slogan "Tutti  padroni", di George Bush, a cui ha fatto eco da Nicolas Sarkozy, quello che ha fatto scoppiare la crisi con i sub-prime. E' il fallimento di quell’idea, che doveva essere il simbolo della "de-proletarizzazione".La de-proletarizzazione, era una idea neoliberista: trasformare ogni individuo in una ditta individuale. I neoliberali tedeschi del dopoguerra avevano un programma finalizzato alla costruzione di unità di produzione non proletarie: promuovere l'artigianato, piccole imprese ... Stiamo vivendo una nuova proletarizzazione con il debito: la classi medie e basse si stanno impoverendo dal 2007 in un modo rischioso. Da un lato si tagliano i salari, dall’altro i servizi sociali. In Germania, l'aspettativa di vita è diminuita. La logica del credito che tendeva ad una de- proletarizzazione ha prodotto una nuova proletarizzazione.

Sarà il caso di cancellare i debiti degli Stati?

-Si passerà necessariamente per la cancellazione del debito, come accade spesso. Sarebbe logico se fossimo in una prospettiva liberale, le banche perderebbero i soldi. Ma dopo la crisi dei mutui sub-prime, i banchieri hanno ricominciato come prima, perché sanno di non rischiare niente, anche se perdono soldi. La Barclays Bank, che ha manipolato il Libor (London Interbank Offered Rate),  non ha intenzione di pagare nulla per questo scandalo. E' lo stato inglese che pagherà per le sue banche.

Come si può combattere contro il diktat del debito?

-Il campo della lotta di classe, che era incentrata sul rapporto capitale / lavoro, come attori della produzione è stato spostato sul campo del creditore / debitore. Questa nuova relazione di potere si sovrappone alla precedente.  E’ un livello di scontro molto più astratto, ma che attraversa completamente tutta la società.Chiunque sia occupato, disoccupato o in pensione, deve contribuire al rimborso del debito. Per un secolo e mezzo, il movimento dei lavoratori si è organizzato per discutere questioni di lavoro. Ha inventato modi di organizzare le lotte per contro-bilanciare il potere del capitale. Ma è più complicato combattere contro il debito. Questa cambiamento lascia la gente impotente, perché non ha trovato ancora nessun modo efficace per contrastarlo. Si dovrebbero espropriare gli espropriatori, come fece il New Deal. Una eutanasia della casta dei ricchi, dei rentier! Come quando Roosevelt tassò i contribuenti più ricchi fino al 90% - e non al 75% come propone François Hollande ... -  La relazione creditore / debitore si muove intorno alla proprietà dei titoli. Per ripensare seriamente alla crescita - e non al contenuto della crescita, che sia verde, gialla o di qualsiasi altro colore! -sono i rapporti di proprietà che si dovrebbero rimettere in discussione.
 Agnes Rousseaux


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