sabato 31 marzo 2012

I SETTE PECCATI SOCIALI SECONDO GANDHI

Sempre più attuali i sette peccati sociali che il Mahatma Gandhi illustrò per denunciare la caduta di senso morale delle società moderne-



1) una politica priva di principi;                                                                  
 

2) un commercio senza morale;                                                                    


3) una ricchezza che non viene dal lavoro;                                          

4) una formazione priva di qualità;
 

5)  una scienza senza umanità;
 

6)  un piacere senza coscienza;
 

7)  una disciplina senza spirito di sacrificio.
 

MIZIO


mercoledì 28 marzo 2012

LA MASCHERA DELLA MORTE ROSSA (E.A.POE)






La Morte Rossa aveva devastato a lungo il paese. Nessuna pestilenza era mai stata così fatale o terrificante. Il sangue era il suo emblema e il suo sigillo, il rosso colore e la repulsione per il sangue.
C'erano pene atroci, vertigini improvvise, e poi un profuso sanguinamento dai pori, fino alla dissoluzione. Il colore scarlatto attaccato al  corpo ed in particolare al volto della vittima erano  la maledizione della peste, che la bandivano da ogni aiuto e dalla pietà dei suoi compagni.
E l'intero attacco, la sua evoluzione e la fine della malattia erano questioni di appena una mezz'ora.

Ma il Principe Prospero era felice, impavido e sagace. Quando i suoi domini furono spopolati della metà, chiamò al suo cospetto un migliaio di amici felici e in salute fra i cavalieri e le dame della sua corte e con loro si rinchiuse nel profondo isolamento di una delle sue abbazie fortificate. Questa era una estesa e magnifica costruzione, frutto dell'eccentrico, ma regale gusto del principe stesso.
Un forte e alto muro la circondava. Il muro aveva cancelli di ferro. I cortigiani, una volta entrati, portarono una una fornace e grossi martelli e saldarono le serrature. Decisero di non lasciare alcun mezzo per entrare o uscire nemmeno nel caso di un improvviso impulso a sparire o nel caso qualcuno fosse impazzito. L'abbazia era abbondantemente fornita. Con tali precauzioni i cortigiani avrebbero potuto abbandonare ogni prevenzione contro il contagio. Il mondo esterno avrebbe potuto prendersi cura di sé stesso da solo. Nel frattempo sarebbe stato sciocco essere tristi o rimuginare.
Il principe aveva provveduto a  fornire ogni genere di divertimenti. C'erano buffoni, c'erano improvvisatori di versi, c'erano ballerine, c'erano musicisti, c'era la Bellezza, c'era il vino.
Tutto questo e la sicurezza erano dentro. La  “Morte Rossa” era fuori.


Fu verso la fine del quinto o sesto mese di questa reclusione, mentre la pestilenza imperversava più che mai nel mondo esterno,  che il Principe Prospero organizzò per le sue migliaia di amici  un ballo in maschera di incredibile magnificenza.
Quella mascherata ebbe un allestimento voluttuoso. Ma prima lasciate che vi racconti delle stanze in cui fu tenuta. Ce n'erano sette – una suite imperiale. In molti palazzi, solitamente, le suite si sviluppano in modo lungo  e stretto, mentre porte scorrevoli sono poste su muri sul lato opposto, in tal modo la visione d'insieme è scarsamente impedita. Qui le cose erano differenti, come era naturale aspettarsi da un sovrano così amante del bizzarro. Le stanze erano così irregolarmente disposte che era impossibile vedere più di una stanza per volta. C'era una stretta curva ogni venti o trenta yarde e ad ogni svolta un nuovo effetto. A destra e a sinistra, nel mezzo di ogni muro, una alta e stretta finestra gotica dava su un corridoio chiuso che seguiva le curve dell'appartamento. Queste finestre erano di vetro piombato i cui colori variavano a seconda del colore prevalente delle decorazioni della camera nelle quali si aprivano. Quella all'estremità orientale ad esempio era decorata in blu e di un vivido blu erano le sue finestre. La seconda stanza aveva in porpora le sue decorazioni e i suoi arazzi e qui i vetri erano porpora. La terza era tutta in verde e le vetrate erano verdi. La quarta era rifinita ed illuminata in arancio, la quinta in bianco, la sesta in violetto. La settima stanza era fittamente rivestita di arazzi di velluto nero che ricoprivano anche tutto il soffitto e ricadevano in pesanti falde su un tappeto dello stesso materiale e colore. Ma solamente in questa stanza  il colore delle finestre non corrispondeva a quello delle decorazioni. I vetri erano rossi, un profondo color rosso sangue. In nessuno degli appartamenti c'erano lampade o candelabri, nel mezzo di una profusione di ornamenti dorati che giacevano sparpagliati da una stanza all'altra o che pendevano dal soffitto. Non c'era luce di alcun tipo emanata da  lampada o da  candela in tutta la suite. Ma nei corridoi che seguivano l'andamento dell'appartamento, si trovavano, opposti ad ogni finestra, dei pesanti tripodi che reggevano bracieri di fuoco che proiettavano i propri raggi attraverso i vetri e illuminavano debolmente ogni stanza. In tal modo si producevano una varietà di variopinti e fantastici effetti. Ma nella camera nera occidentale l'effetto della luce del braciere che si riversava sui drappi neri attraverso le vetrate tinte nel color del sangue era scioccante ed estremo, e dava un aspetto così selvaggio alle espressioni di coloro che entravano, che solo pochi della compagnia furono coraggiosi abbastanza da mettere anche solo piede fra le sue mura.
Era in questa stanza tuttavia che si trovava contro il muro occidentale un gigantesco orologio d'ebano. Il suo pendolo ondeggiava avanti e indietro con un cupo , pesante e monotono rintocco, e quando la lancetta dei minuti  aveva terminato il suo giro, e l'ora scoccava, dai polmoni d'ottone dell'orologio proveniva un suono che era alto, profondo ed eccessivamente musicale, ma che era anche di una nota ed una enfasi così particolare che, ad ogni cambio d'ora,  i musicisti dell'orchestra erano costretti a fare una pausa momentaneamente nella loro esecuzione per prestare attenzione al suono; ed anche i ballerini cessavano le loro evoluzioni, e  un breve sconcerto aleggiava sull'intera gaia compagnia, e mentre l'orologio suonava ancora si notava che i più frivoli diventavano pallidi, e i più anziani si passavano le mani sulla fronte, come se si trovassero confusi in un sogno ad occhi aperti o in una meditazione. Ma quando l'eco era completamente cessato, una chiara risata pervadeva l'intera assemblea, i musicisti si guardavano l'un con l'altro e sorridevano del loro nervosismo e della loro follia, e facevano promesse, sussurrate l'uno all'altro, che il successivo rintocco non avrebbe prodotto in loro una tale emozione; e poi nel giro di altri sessanta minuti ( che comprendono tremilaseicento secondi del tempo che vola), arrivava un altro rintocco dell'orologio e c'erano di nuovo lo stesso sconcerto, tremore e meditazione di prima.

Ma, a dispetto di queste cose, era una festa gaia e magnifica. I gusti del principe erano singolari. Aveva un occhio raffinato per i colori e gli effetti. Disprezzava le decorazioni alla moda. I suoi progetti erano coraggiosi e fieri,  e le sue idee splendevano di un lustro barbarico. C'erano alcuni che avrebbero detto che egli era pazzo. I suoi seguaci sentivano che non lo era. Era necessario ascoltarlo e vederlo e toccarlo per essere sicuri che non lo era.

Egli aveva diretto in gran parte le decorazioni mobili delle sette stanze in occasione di questa grande festa, ed era stato il suo gusto a decidere i personaggi dei mascherati. Certamente  essi erano grotteschi. Ce n'erano di abbaglianti, luccicanti, piccanti e fantastici, molti dei quali si sarebbero visti nell'Hernani. C'erano figure arabesche con strani arti e decori. C'erano fantasie deliranti come quelle  create da un pazzo. C'era molto del bello, del debosciato, molto del bizzarro, qualcosa del terribile e neanche un po' di ciò che avrebbe provocato disgusto. Avanti e indietro nelle sette stanze si inseguivano, infatti,  una moltitudine di sogni. E questi sogni contorti aggirandosi e prendendo colore dalle pareti delle stanze, facevano sì che la musica selvaggia dell'orchestra sembrasse l'eco dei loro passi.  E poi risuonavano i colpi dell'orologio d'ebano nella stanza dei velluti. E poi, per un momento, tutto era fermo, tutto silenzioso, ad esclusione della voce dell'orologio. I sogni si immobilizzano come congelati. Ma poi l'eco dei rintocchi muore – non sono durati che un istante – ed una chiara, semi-smorzata risata aleggia dopo che essi sono svaniti. Ed ora la musica cresce di nuovo e i sogni rivivono, e ondeggiano  avanti e indietro più felicemente di prima, prendendo colore dalle multicolori finestre attraverso le quali fluiscono i raggi  provenienti dai  tripodi.
Ma nella camera che si trova più ad occidente delle sette non c'è nessuna delle maschere che si avventuri, mentre la notte sta svanendo e fiotti di luce rossa brillano attraverso i pannelli color sangue, e l'oscurità dei drappeggi neri si riempie d'orrore, e a colui i cui piedi calpestano il tappeto nero arriva  dal vicino orologio d'ebano un rintocco smorzato, ma più solennemente enfatico di quelli che raggiungono le orecchie di chi indulge in più lontani piaceri nelle altre stanze.
Ma le altre stanze erano densamente affollate ed in esse batteva febbrilmente il cuore della vita.
La festa continuò vorticosamente, fino a che l'orologio non cominciò a suonare la mezzanotte. Allora la musica cessò, come ho già detto, e le evoluzioni dei ballerini si fermarono e ci fu un difficile arresto di ogni cosa come prima. Ma ora c'erano dodici rintocchi che la campana dell'orologio doveva battere. E fu allora che che accadde forse che,  con più tempo a disposizione, più pensieri si insinuarono nelle meditazioni di coloro che erano più pensierosi fra i festanti. E fu allora forse, prima che l'ultimo rintocco svanisse nel silenzio, che ci furono molti individui nella folla che si resero conto della presenza di una figura mascherata che non aveva catturato l'attenzione di nessuno prima. E le dicerie su questa nuova figura erano esplose in bisbiglii tutto attorno, che crebbero nell'intera compagnia fino a raggiungere un ronzio, un mormorio,  che era espressione di disapprovazione, sorpresa ed infine di terrore, paura, disgusto.

In una riunione fantastica come quella che ho dipinto c'è da pensare che nessuna apparizione ordinaria avrebbe potuto suscitare tanto clamore. In realtà la libertà concessa alle maschera era quasi illimitata; ma la figura in questione aveva superato in audacia Erode ed era andata oltre i limiti , sebbene indefiniti, del decoro del principe. C'erano corde nel cuore anche dei più sconsiderati che non potevano essere toccate senza emozione. Anche per i più perduti, per i quali vita e morte sono ugualmente scherzi, ci sono cose sulle quali non si può scherzare. L'intera compagnia sembrava sentire ora profondamente che nel costume e nel comportamento dello straniero non c'erano né umorismo né decenza. La figura era alta e smunta, e rivestita da capo a piedi dei vestiti della tomba. La maschera che copriva il viso era fatta così tanto bene da assomigliare ad un corpo in putrefazione che anche l' osservazione più attenta avrebbe avuto difficoltà a scorgere il trucco. Tuttavia perfino questo avrebbe potuto essere sopportato,anche se non approvato, dai folli festanti tutto attorno. Ma la maschera era arrivata al punto di assumere le sembianze della Morte Rossa. Gli abiti erano bagnati di sangue e la sua ampia fronte, come tutti i lineamenti del suo volto, erano cosparsi di scarlatto orrore.

Quando l'occhio del Principe Prospero cadde su tale spettrale immagine (che con un solenne e lento movimento, come se volesse più pienamente recitare il proprio ruolo, passeggiava avanti e indietro fra i ballerini), sembrò fosse scosso  in un primo momento da un forte brivido di terrore o disgusto, ma successivamente la sua fronte si imporporò di rabbia.


“Chi osa?” chiese con voce rauca ai cortigiani che gli erano vicini - “Chi osa insultarci con questa blasfema parodia? Catturatelo e smascheratelo, così sapremo chi dovrà essere impiccato dalle mura all'alba  ”
Fu nella stanza blu o stanza orientale che il Principe Prospero pronunciò queste parole. Risuonarono nelle sette stanze fortemente e chiaramente, perché il principe era un uomo fiero e robusto, e la musica era diminuita ad un cenno della sua mano.
Fu nella stanza blu dove il principe si trovava,con un gruppo di pallidi cortigiani al suo fianco.
All'inizio, quando iniziò a parlare, ci fu un leggero rapido movimento di questo gruppo nella direzione dell'intruso, che in quel momento era già a portata di mano ed ora, con passo deliberato e maestoso, si fece ancora più vicino a colui che aveva parlato. Ma poiché una soggezione indefinibile ispirata dalla folle maschera aveva attanagliato l'intero gruppo, non ci fu nessuno che allungò una mano per afferrarla, così che essa passò senza impedimenti ad una yarda dalla persona del principe; e mentre la vasta congrega, come guidata da un unico impulso, sciamava dal centro delle stanze verso i muri, essa camminò ininterrottamente, ma con lo stesso passo solenne e misurato che l'aveva contraddistinta dall'inizio – dalla camera blu alla porpora – dalla porpora alla verde – dalla verde a quella arancio – attraverso quest'ultima verso la bianca – ed era arrivata alla violetta prima che un movimento deciso fosse fatto per arrestarla.
Fu allora che il Principe Prospero, folle di rabbia e vergogna per la propria codardia, corse velocemente attraverso le sei camere mentre nessuno lo seguiva a causa di un terrore mortale che era sceso su tutti. Egli brandiva un pugnale sguainato e si era avvicinato, con rapida impetuosità, a tre o quattro passi dalla figura in ritirata, quando infine, raggiunta l'estremità della stanza di velluto, questa si girò improvvisamente e affrontò il proprio inseguitore. Ci fu un grido acuto – e il pugnale cadde luccicando sul tappeto nero, sul quale appena un istante dopo, giacque prostrato dalla morte il Principe Prospero. Allora, invocando il coraggio selvaggio della disperazione, una folla di festanti si riversò in una volta sola nella stanza nera e, afferrando la maschera, la cui figura si ergeva eretta e immobile all'ombra dell'orologio d'ebano, ebbe il fiato mozzato dall'orrore accorgendosi che gli abiti funerei e la maschera cadaverica che avevano agguantato con tanta violenza non ospitavano alcuna forma tangibile.
Ed ora era nota a tutti la presenza della Morte Rossa. Era arrivata come un ladro nella notte. Ed uno per uno caddero i festanti nelle sale impregnate di sangue della loro festa, e morirono ognuno con la postura disperata della propria caduta. E la vita dell'orologio d'ebano scomparve con l'ultimo dei gaudenti. Le fiamme dei tripodi si spensero. E l'Oscurità e la Decadenza e la Morte Rossa stabilirono il loro illimitato dominio su tutto.

Traduzione libera di Bluewilow


COME IL CLIMA STA CAMBIANDO IL PIANETA


Nel continente europeo ci troviamo di fronte ad un deficit pluviometrico senza precedenti. Il pianeta vive un’era di cambiamenti climatici consistenti e si prepara all’epoca della siccità, mentre i corpi delle specie animali e vegetali rimpiccioliscono per effetto del surriscaldamento. A descrivere il quadro, il rapporto dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale, presentato il 23 marzo scorso, e un recente studio dell'Università nazionale di Singapore.



cambiamenti climatici

Il 23 Marzo si è celebrata a Ginevra la Giornata Meteorologica Mondiale promossa dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale(OMM) che ha voluto porre un particolare accento sull’importanza ed il ruolo chiave del tempo, del clima e dell’acqua nel futuro del nostro pianeta, nella vita sociale ed in quella economica.
Lo studio reso pubblico dall’OMM ha messo in luce ed enfatizzato sull’accelerazione del cambiamento climaticotra il 2001 ed il 2010, il decennio più caldo dall’inizio delle osservazioni, iniziate sin dal 1950, e che vede il 2010 come l’anno più caldo in assoluto. A partire dal 1971, il ritmo del riscaldamento del pianeta è marcante, le precipitazioni sono state superiori al normale in buona parte dell’emisfero nord, in particolar modo nell’est degli USA, e in parecchie regioni dell’Asia centrale, mentre nell’ovest degli Stati Uniti, in Africa centrale e in Europa meridionale si è registrata una rarefazione delle piogge.
In tale quadro allarmante, negli ultimi dieci anni, le inondazionisono sempre più frequenti e il fenomeno degli scioglimenti dei ghiacci è una delle manifestazioni caratterizzanti l’evolversi delle condizioni climatiche. La scienza meteorologica dunque si erge sempre maggiormente a protagonista e può giocare un ruolo cruciale nell’ambito delle tematiche climatiche e della gestione delle risorse idriche.
Il mondo non deve far fronte solo alla crisi finanziaria e a quella economica, ma, oggi più che mai, anche ad una crisi idrica. Nel continente europeo, per esempio, ci troviamo di fronte ad un deficit pluviometrico senza precedenti e all’inquietante fenomeno della siccità. Di anno in anno le rilevazioni confermano che stiamo vivendo un’era di cambiamenti climatici importanti che incrementano i rischi di penuria idrica e siccità anche nei paesi nordeuropei con conseguenti ragguardevoli impatti socio-economici per la società moderna.

Nel continente europeo ci troviamo di fronte ad un deficit pluviometrico senza precedenti e all’inquietante fenomeno della siccità
Ma i cambiamenti climaticiimpattano fortemente anche su animali e piante. È il risultato di un recente studio condotto da alcuni biologi dell’Università nazionale di Singapore e pubblicato sulla rivista americana Nature Climate Change. Le ripercussioni del cambiamento climatico e della mancanza d’acqua sugli animali e sulle piante sono sbalorditivi. Negli ultimi venti anni, infatti, certe specie animali e vegetali si sono rimpicciolite a causa del surriscaldamento del pianeta.
Gli studi mostrano che sotto l’effetto dell’innalzamento del termometro, ad ogni grado Celsius addizionale, la dimensione dei corpi degli invertebrati marini (crostacei, spugne, molluschi, ecc.) diminuisce dallo 0,5% al 4%, quella dei pesci dal 6% a 22%, quella dei coleotteri dall’1% al 3%, del 14% per gli urodeli. Per quanto riguarda le piante e i frutti, essi perdono dal 3% al 17% per ogni grado supplementare. In breve sembrerebbe che il surriscaldamento costringa gli animali ad adattarsi per sopravvivere in un ambiente in cui le risorse alimentari ed idriche sono in forte riduzione; ma la rapidità del recente cambiamento climatico, può non consentire ad alcune specie di adattarsi alla stessa velocità e questo le porta al rischio di estinzione.
Davanti a tali evidenze e constatata la limitatezza delle risorse naturali, molto spesso governanti, studiosi ed 'esperti' propongono la strada della ricerca di nuove risorse; si parla, per esempio, di dissalare l’acqua del mare per fare fronte alla crisi idrica. Soluzioni che sembrano spesso illogiche, che richiedono grossi investimenti monetari, in un periodo di austerità globale, e tempi di realizzazione lunghi.
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Il 23 Marzo si è celebrata a Ginevra la Giornata Meteorologica Mondiale promossa dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale
La crisi economica mondiale sembra avere relegato in un angolino le preoccupazioni ambientali privilegiando piuttosto logiche e ragionamenti di rilancio rapido della diabolica macchina della crescita e dello sviluppo, così tanto rassicuranti agli occhi dei cittadini-consumatori, forse poco informati e poco lungimiranti, che vedono in essi la possibilità di scacciare la paura di lunghi periodi di recessione.
Raramente invece si propongono politiche e strategie di riduzione dei consumi, di cambiamento delle abitudini di quello stesso cittadino-consumatore, di diffusione, incentivazione ed implementazioni di buone pratiche di risparmio delle risorse. Se, dunque, le istituzioni latitano, volontariamente o inconsapevolmente, tocca a noi, individualmente, in gruppi, in comunità, ravvederci, modificare il modus operandi e agire differentemente.
In un’epoca in cui le attività antropiche hanno delle implicazioni enormi sul pianeta, sugli esseri viventi e sul clima, ogni forma di attendismo e di raggiro intellettivo in nome della salvaguardia di stili di vita comodi e consolidati, ma anche obsoleti e ormai non più accettabili, inferta un’ulteriore coltellata alla salute della Terra e di chi la popola.
Quando l’ultimo albero sarà abbattuto, l’ultimo fiume inquinato, l’ultimo pesce catturato, solamente allora vi renderete conto che i soldi non si mangiano (proverbio indiano).

di Dario Lo Scalzo 


IL GRIDO DI DOLORE DI UN'OPERAIA SINDACALISTA


È Stefania Fantauzzi, rappresentante sindacale della Fiom Cgil, a spiegarci tutto quello che in Fiat, a Termoli e in Italia, sta cambiando in peggio. Impossibile ammalarsi, impossibile dissentire dalle prescrizioni del nuovo contratto aziendale voluto da Marchionne e impossibile essere mamma, voler seguire i propri figli e rispettare tutte le regole che l’azienda impone. Stefania ci ha parlato anche di articolo 18 definendo le sue modifiche “la fine della democrazia”



sciopero-fiat

Figli da seguire, orari di fabbrica da rispettare e operaie da ascoltare. E’ questa in sintesi la vita di una sindacalista Fiom Cigl della Fiat di Termoli. E Stefania Fantauzzi ha voluto proprio denunciare tutto quello che accade all’interno della fabbrica di Rivolta del Re e in generale anche negli altri stabilimenti Fiat italiani.  Una situazione che nessuno oserebbe immaginare perchè in pochi hanno il coraggio di parlare. Con i nuovi contratti che Marchionne ha fatto firmare, così ha esordito Stefania  “è vietato dissentire, chi lo fa rischia quotidianamente di andare a casa”. “Un bel giorno - ci ha raccontato con la rabbia di chi vuole che le cose cambino - ci hanno messi davanti a uno schermo e ci hanno illustrato i nuovi contratti. Lo hanno fatto gente con la giacca e la cravatta che non si è mai sporcata, come me e come tanti altri, le mani con i macchinari della catena di montaggio”.
La nostra curiosità è andata naturalmente sul tipo di contratto che è stato somministrato agli operai. E la nostra donna coraggiosa, senza peli sulla lingua, ci ha spiegato tutto.
“Ci hanno chiesto maggiore flessibilità tutto questo con un numero minore di operai in fabbrica. Hanno aumentato la possibilità di fare ore di straordinario, da 40 di prima alle 120 di oggi. Ma la cosa strana è che te le possono chiedere anche durante la pausa mensa se dovessero servire. Con il contratto vecchio venivano pagate il 50% in più rispetto a quelle ordinarie. Ora, mentendo, hanno detto che verranno aumentate al 70%. Ma questo avviene soltanto se arrivi alle terza ora della giornata. Le prime due hanno una maggiorazione del solo 25%. Tutto questo togliendo il tempo al recupero fisico di cui ciascun operaio ha bisogno. Usano una nuova metodologia imparata in Giappone dove sul posto di lavoro bisogna tenere tutto a portata di mano per stancarsi di meno. Ma questo serve soltanto ad aumentare la produzione non ad agevolare il lavoro degli operai della catena di montaggio. Noi siamo stati robotizzati. Ogni giorno quando si va sul posto di lavoro c’è una voce meccanica che ti dice tutto quello che devi fare. E’ un qualcosa che nessuno avrebbe immaginato anni fa prima che arrivasse Marchionne”.
Dopo dichiarazioni forti come queste era logico chiedere alla nostra operaia cosa pensasse lei e quale fosse la posizione del suo sindacato sulla riforma dell’articolo 18 che tutela(va) i lavoratori dai licenziamenti facili.
“Qua di sicuro si vuole imbrogliare qualcuno. Questa riforma è la fine di un percorso di azioni illegittime del Governo Monti. Si crea così una società dove non esiste la democrazia. L’articolo 18 dovrebbe proteggere dai licenziamenti arbitrari e discriminatori. Era nato per difendere tre operai di Melfi licenziati senza giusta causa reintegrati a lavoro da una sentenza del Tribunale. Questa è una situazione che non va bene non soltanto per gli operai Fiat ma per tutti quelli che ogni giorno devono poter garantire la propria sopravvivenza e quella della loro famiglia. La cosa scandalosa è che si può licenziare se la fabbrica ha problemi economici. Altrettanto grave è il taglio che si fa sugli ammortizzatori sociali. Con le leggi precedenti si veniva assistiti per sette anni ora dopo due anni, se non trovi altra occupazione, non puoi più vivere. Non si tratta di benessere ma di pane quotidiano. Ora è più grave rispetto agli anni 40. In quei tempi se si veniva licenziati ci si dedicava all’agricoltura. Dopo 70 anni abbiamo venduto anche le terre e senza lavoro si rischia di non poter sfamare la nostra famiglia. Con il nuovo articolo 18 accade anche un’altra cosa gravissima. Prima era il giudice a decidere se reintegrare o meno il lavoratore. Ora è l’azienda che può licenziare arbitrariamente, solo se un operaio (a responsabilità individuale) sceglie di non condividere alcune parti del proprio contratto di lavoro. A venir penalizzato è soprattutto il sindacalista che lotta. Il quale difficilmente viene reintegrato dopo essere stato licenziato. Se fai parte di un sindacato dissidente come la Fiom nelle commissioni di fabbrica dove ci sono i sindacati aziendali nemmeno ti ascoltano”.
Ad una donna così non potevamo non chiedere se esistono differenze di trattamento sul posto di lavoro tra operai e operaie. Stefania non si smentisce e anche su questo argomento mostra tutta la sua grinta di lottatrice.
“E’ ovvio che sia così. Innanzitutto gli uomini finiscono di lavorare e vanno a dormire per noi il recupero fisico è più difficile. Per questo riscuotiamo meno fiducia da parte del capo quando si tratta di far carriera. Solo il fatto che noi possiamo decidere di avere un figlio li spaventa. Ma io sono convinta di una cosa, i nostri figli sono il futuro della nostra società. Trascurare un bambino oggi significa creare un uomo con problemi domani. Non stargli accanto significa non rispettarlo. Un’operaia come me guadagna mille euro al mese. Per far stare bene i miei figli ho dovuto mandarli negli asili privati di Termoli, dove la retta costa 350 euro al mese per ognuno di loro. Per fortuna i miei tre bambini hanno età diverse e quindi non dovevano stare all’asilo tutti e tre insieme. In passato per il fatto di essere mamma ho avuto un’agevolazione di orario. Iniziavo a lavorare alle 7.45 e smettevo alle 16.15 Anche con quegli orari avevo difficoltà ad accompagnare mia figlia a scuola. A Termoli in nessun istituto scolastico le lezioni iniziano prima delle 8. Non esisteva modo di far collimare gli orari con quelli della Fiat. Ma ora per le donne Fiat è tutto finito nonostante siamo solo il 10% quelle con figli che avrebbero bisogno di questi orari. Nessuno capisce che è difficilissimo far lavorare una mamma su tre turni. Lavorare di notte significa far dormire i propri bambini da soli e dormire solo tre ore per poterli seguire. Andare in fabbrica nel turno pomeridiano invece vuol dire non vederli uscire da scuola (si inizia a lavorare alle 13.30) e non poterli seguire nelle loro attività”.
Ma la novità delle ultime ore è che in Fiat è vietato ammalarsi. E’ la stessa Stefania che ci illustra il problema dopo aver preso confidenza con il nostro organo di stampa
“Ora ci sono nuovi turni e nuovi metodi di lavoro che hanno abbassato la possibilità di assentarsi dalla fabbrica. Il numero massimo di assenze tollerate si è notevolmente abbassato. La novità è che si riunisce una commissione sulla malattia che valuta situazione per situazione. E per chi chiede un numero di giorni inferiore ai sei è solo l’Inps a pagare la sua quota. Quello che spetta all’azienda viene scalato dallo stipendio. Ma accade anche che chi si ammala per periodi lunghi non ha diritto al premio di produzione di 600 euro che la Fiat mette a disposizione”.
Le situazioni appena descritte  non lasciano spazio a dubbi. La maggiore azienda automobilistica italiana ha cambiato il modo di rapportarsi con i propri dipendenti. Ai lettori tocca ora capire se in bene o in male. di Viviana Pizzi

lunedì 26 marzo 2012

ECCO COME MORI' LA SINISTRA


 





Il processo iniziò il 23 agosto del 1971 nella sale della Camera diCommercio degli Stati Uniti d’America, e arrivò alla sentenza il 31 maggio del 1975 nell’assemblea plenaria della Commissione Trilaterale a Kyoto.  In quattro anni di dibattimento i Padroni della nostra vita decisero che l’imputato doveva morire. L’imputato si chiamava Sinistra, cioè diritti, cioè democrazia partecipativa dei cittadini comuni, cioè pace, tolleranza, interesse collettivo, amore libero e libero pensiero, cioè Un Mondo Migliore per ogni uomo o donna di questo pianeta, cioè il mondo che avremmo voluto avere e che oggi non abbiamo. Negli anni ’70 quel mondo appariva sul punto di realizzarsi, sospinto dallo straordinario vento di progressismo che aveva spazzato il mondo occidentale nella decade precedente. La sentenza decretò che l’imputato era colpevole, e ne dettò le modalità di esecuzione capitale. Oggi quello che vi appare come il Potere - dalle multinazionali alle guerre economiche, la P2, le mafie, il mostro mediatico commerciale, la Casta politica e le altre Caste, le lobbydell’attacco alle Costituzioni, l’impero dei consumi – non lo è. Queste manifestazioni aberranti sono solo il risultato di quella sentenza. Il Potere è la cupola dei mandanti di allora e di oggi, quella è l’origine di tutto.
Chi di voi è molto giovane stenterà a credere a queste parole, ma realmente fino all’epoca del processo di cui parlo esisteva una cosa chiamata Speranza. Era figlia di due secoli di lotte epocali di uomini e di donne comuni, un’epopea di sacrifici immani in difesa di idee stupefacenti, condotta dalla fine del ‘700 alla fine del ‘900 da persone che furono capaci di cambiare la Storia. E cambiare la Storia significava una sola cosa: strappare il potere ai pochi e darlo a molti, per il bene di tutti, per stare meglio tutti. I pochi, eredi di un potere gigantesco tramandato dalla notte dei tempi, subirono per oltre due secoli quel cambiamento in modi che oggi sono inimmaginabili, fino al giorno in cui decisero che era giunta l’ora di fermare la Storia. L’idea di giustizia secondo cui i molti avevano il diritto di decidere a scapito degli interessi dei pochi, cioè l’esser di Sinistra, doveva essere messa in stato di fermo ed estinta. Iniziò così il processo, una mattina di agosto del 1971.
Le righe che seguono vi dicono essenzialmente una cosa: combattere il Potere significa capire chi veramente è, poiché combattere i suoi pupazzi e i suoi tentacoli non serve a nulla. E’ necessario che qualcuno vi aiuti a comprendere innanzi tutto dove nacque il nemico’, quali mezzi ha usato, con quali strategie, cioè capire il percorso che ha portato noi persone comuni contro il muro di oggi, per far sì che forse domani altri uomini e altre donne tornino a lottare contro il bersaglio giusto e con mezzi adeguati. I maggiori ‘antagonisti’ odierni non si curano di questo, e stanno sbagliando sostanzialmente tutto. Ricordatevi che ogni singola citazione che leggerete di seguito ha cambiato e stacambiando tutta la nostra vita in tutto il mondo, perché sono le parole del Potere, il vero Potere. E allora bando alla ciance, ed ecco i fatti.

L’avvocato ‘del diavolo’.
Dunque, fermare la Sinistra, per sempre. I primi a porsi questa meta furono non a caso i businessmen americani dell’era Nixon a capolino degli anni ‘70, capitanati da Eugene Sydnor Jr. della Camera di Commercio USA. Ma come fare, si chiesero? La risposta fu chiara: con la forza delle idee, il potere immane delle idee. Non fu forse così che gli Illuministi vinsero la guerra contro tremila anni di assolutismi blindati? Un’idea spacca, sconvolge, vince. Bastò una telefonata alla persona giusta, un avvocato. Lewis Powell sedeva come legale nei consigli di amministrazione di svariate aziende, era uomo di grande cultura e acuto pensiero, gli fu affidato il compito di iniziare il processo per fermare la Storia.
Powell scrisse un Memorandum’ di undici pagine scarse, in un linguaggio da prima liceo, e forgiò così la prima arma storica per il contrattacco vincente delle nuove destre internazionali: la semplicità. Concetti semplici, sgrossati fino all’assoluto essenziale, una comunicazione diretta e comprensibile da chiunque - dal presidente della grande industria come dal taxista. Le destre comunicano così, sempre, e infatti sempre vengono recepite. Ed essere recepiti, significa vincere. Le sinistre invece non hanno mai capito neppure l’abc della comunicazione, né oggi vogliono capirlo.

Le regole di guerra.
Prima idea di Lewis Powell: all’alba degli anni ’70, è arrivata l’ora di cambiare tutti i valori figli di due secoli di rivoluzioni disinistra, nientemeno.
La diagnosi: “(Noi delle destre economiche) non ci troviamo di fronte ad attacchi sporadici. Piuttosto, l’attacco al Sistema dellecorporations è sistematico e condiviso. C’è una “guerra ideologica contro il sistema delle imprese e i valori della società occidentale”. “E’ chiaro come il sole che le fondamenta stesse della nostra libertà sono sotto attacco massiccio”, perché “la minaccia al sistema delle imprese non è solo una questione di economia, ma colpisce la libertà dell’individuo”. E non c’è da discutere, poiché “l’unica alternativa al (nostro) sistema sono le dittature delle burocrazie socialiste o fasciste”.
La chiamata alle armi: “E’ arrivata l’ora per il business americano di marciare contro coloro che lo vogliono distruggere”.
Chi sono i virus da sopprimere? “Certamente la sinistra estrema, che è molto più numerosa, meglio finanziata e benaccetta di quanto non lo sia mai stata prima nella Storia. Ma le voci più preoccupanti provengono da elementi perfettamente rispettabili, come le università, i media, gli intellettuali, gli artisti, e anche i politici. La massima preoccupazione del Potere deve essere “l’ostilità delle sinistre e dei riformatori sociali”. Poi vengono gli studenti, infatti “quasi la metà degli studenti è a favore della socializzazione delle industrie americane fondamentali”. Le sinistre stanno portando un “vasto attacco al sistema stesso, che mina la fiducia del pubblico e lo confonde”.
Contate quelle parole; sono poco più di 170. Esse ci raccontano già tutto quello che è accaduto nei trentotto anni successivi, in tutto l’Occidente, nei campi sociale, economico, ideologico, politico, dell’istruzione, dei media, sindacale. Cioè la vostra vita.Ma continuiamo.
Lewis Powell dettò le regole di guerra, e i primi a doversi disciplinare erano proprio i Padroni del Vapore, che dopo una decade di successi dello Stato Sociale in Europa e anche negli USA, dopo cioè il decennio più di sinistra che il mondo avesse mai conosciuto, si percepivano come ridotti in uno stato di irrilevanza. Il Memorandum’ proclama infatti che “pochi elementi della società americana di oggi hanno così poca influenza sul governo come il business, le corporazioni, e gli azionisti… Non è esagerato affermare che… siamo i dimenticati”. Per sovvertire un’intera epoca ormai considerata trionfante, quella degli Stati Sociali, le destre dovranno avere la forza di “organizzarsi, pianificare nel lungo termine, essere disciplinate per un periodo illimitato, essere finanziate con uno sforzo unificato”. Ovvero, trasformarsiin un esercito di attivisti di micidiale efficacia. La conseguenza di questi semplici concetti sarà enorme: nacque così il mondo delle lobby moderne del potere economico, quelle che oggi eleggono i presidenti americani, che regolano le guerre in Medioriente, che decidono le politiche europee per noi tutti, che decidono chi può commerciare e che cosa in tutto il mondo e che infatti hanno portato “il business, le corporazioni, e gli azionisti” dall’essere “i dimenticati” allo strapotere di oggi. Powell fa qui una premessa scioccante, se letta in tempi moderni: “Il business deve imparare le lezioni messe in pratica dal mondo dei lavoratori, cioè che il potere politico è indispensabile, che deve essere coltivato con assiduità, e usato in modo aggressivo se necessario, senza imbarazzo”. In altre parole, questo passaggio ci rivela che le destre trovarono le vie del riscatto imitando precisamente quella che era la forza delle sinistre di quell’epoca. Loro la acquisirono, noi l’abbiamo perduta. E poi: “Chi ci rappresenta deve diventare molto più aggressivo… deve far pressione con forza su tutta la politica perché ci sostenga, e non dovremo esitare a penalizzare chi a noi si oppone”. Le lobby dovranno dedicarsi particolarmente al settore giudiziario, “sfruttandolo, come hanno fatto le sinistre, i sindacati e i gruppi dei diritti civili… che ebbero successi spesso a nostre spese”.

I gemelli vincenti: Educationtelevision.
Lewis Powell intuì che in conseguenza proprio di questo attacco alla Sinistra,  il futuro decisionale delle società moderne si sarebbe spostato dall’attivismo popolare tipico del dopoguerra ai colletti bianchi sfornati in numeri sempre maggiori dalle università occidentali. Ma gli atenei dell’epoca erano visti dall’autore delMemorandum’ come pericolosissimi covi di idee sovversive: “Vi sono apparsi oratori di sinistra ed estremisti a centinaia… ma non vi è stata alcuna parità di presenze dei sostenitori del sistema di governo americano e del business”. Dunque, la forza delle lobby di destra doveva colpire a tutto spiano le università. Le Scienze Politiche erano il primo bunker da espugnare, e le destre economiche dovevano creare un esercito di “docenti che credono fermamente nel sistema delle imprese”. Una volta raggiunta tale meta, “i nostri docenti dovranno valutare i libri di testo, soprattutto quelli di economia, scienze politiche e sociologia”. Ma il lavoro centrale delle lobby accademiche di destra era da destinarsi ovviamente agli insegnamenti di economia, dove “dobbiamo godere di un rapporto particolare con le facoltà”. Ecco spiegato con cristallina chiarezza da dove nasce il fondamentalismo del Libero Mercato, detto anche Neoliberismo, che da vent’anni domina ogni singolo insegnamento di economia universitaria dopo aver estirpato anche la più microscopica resistenza a tale dogma. E sappiano i lettori meno ferrati, che è dalle fucine universitarie Neoliberali che provengono le politiche di perenne impoverimento dei nostri servizi essenziali, del diritto al lavoro, del diritto alla salute, del diritto agli alloggi, del sistemapensionistico, del bene comune, ecc. Cioè le decisioni su come noi viviamo e moriamo. I nostri governi sono solo esecutori che non hanno scelta, e dunque non è a Berlusconi né a Prodi o a Tremonti che dobbiamo guardare per comprendere da dove viene il nostro (miserabile) tempo, e non è contro di loro che dobbiamo combattere.
Nel 1971, all’epoca degli sforzi di Lewis Powell, i media erano già centrali ai giochi del Potere, ma non come il Potere avrebbe voluto. E l’avvocato neppure qui si perse in giri di parole: “Le televisioni dovranno essere monitorate costantemente nello stesso modo indicato per i libri di testo universitari. Questo va applicato agli approfondimenti Tv, che spesso contengono le critiche più insidiose al sistema del business”. La stampa e la radio non sfuggono: “Ogni possibile mezzo va impiegato… per promuoverci attraverso questi media”; né le riviste popolari, dove “vi dovrà essere un costante afflusso di nostri articoli”; né le edicole, dove “esiste un’opportunità di educare il pubblico e dove però oggi non si trovano pubblicazioni attraenti fatte da noi”. Powell prescrisse qui il boom, realmente poi avvenuto, dell’editoria popolare straripante di rappresentazioni positive del consumismo, cioè dell’Esistenza Commerciale. Ma le sue parole preconizzarono anche l’avvento dei messaggi subliminali che i media moderni ci rifilano in ogni forma e salsa per rafforzare il Sistema, e infatti egli scrisse “Spendiamo centinaia di milioni di dollari in pubblicità… ma solo una frazione di essi pubblicizza il Sistema”.

Solo il meglio.
Il Memorandum’ che segnò il primo passo per l’esecuzione capitale della Speranza, si conclude con le direttive assolute impartite da Powell al futuro esercito dei padroni del mondo. Primo, essere sempre ultra finanziati,  e qui, scrive l’avvocato, “necessitiamo di un sostegno finanziario da parte dellecorporations molto superiore di quanto abbiano mai fatto finora”. Powell sapeva che l’essenziale lavoro di creazione del consenso non poteva essere affidato a ‘belle anime’ intellettuali o a volontari spesso impreparati (come invece è sempre stato nelle sinistre e ancora è), e infatti sancì che chi lavora al progetto di fermare la Storia deve essere “pagato allo stesso livello dei più noti businessmen e professori universitari”, e le loro competenze “dovranno essere eccezionalmente alte, nei settori chiave come la pubblicità e i media, il mondo intellettuale, l’avvocatura”. Il progetto di fermare la Storia deve essere perennemente controllato nella qualità e fedeltà, e “le nostre presenze nei media, nei convegni, nell’editoria, nella pubblicità, nelle aule dei tribunali, e nelle commissioni legislative, dovranno essere superbamente precise e di eccezionale livello”.
Undici pagine così scritte da un singolo uomo furono prese a modello dalle destre economiche di tutto il mondo occidentale, che, come chiunque di noi può verificare, le hanno messe in pratica sostanzialmente alla lettera. E il risultato si vede, in milioni di esseri umani benestanti ipnotizzati dai “valori del Sistema”; in milioni di studenti indottrinati in un’unica direzione; nella corrosione implacabile dei diritti fondamentali come lavoro, alloggio e salute causata dalla vittoria del “sistema delle imprese”; in una rete immensa di media che ossessivamente promuovono quel Sistema; nello strapotere delle sue lobby; e nella micidiale compattezza, competenza, abilità ed efficienza dell’implacabile macchina dell’Esistenza Commerciale. Quelle undici pagine di concetti dettati in estrema sintesi sono state ilsoftware che ha guidato le destre economiche per 38 anni in un lavoro 24 ore su 24, sette giorni su sette, unite, disciplinate, discrete, senza mai un dissenso e con una comunicazione studiata come null’altro al mondo. Cioè Il Potere, dedicatosi anima e corpo nella guerra alla Speranza, che fino al 1971 si chiamò Sinistra, e che, come preannunciato, fu definitivamente decapitata quattro anni dopo i primi sforzi di Lewis Powell. Ci volle infatti il lavoro di altri tre uomini per completare il processo, e altre poche pagine di parole scritte con grande semplicità.

La Democrazia va salvata, uccidiamola.
E’ sconsolante assistere in questi giorni agli sbraiti di alcuni demagoghi che denunciano l’attacco alla democrazia, portato oggi a sentir loro da alcuni pupazzi del Potere e dalle loro malefatte locali. E’ come se qualcuno ci gridasse allarmi per l’avvento del consumismo perché dietro casa sua è stato aperto un ipermercato. L’attacco alle democrazie fu pianificato 34 anni fa, e con tale efficacia da non lasciare speranza. Come si è detto in precedenza, esso fu l’atto finale della condanna a morte della Sinistra.
La Commissione Trilaterale nacque nel 1973 come libera associazione di cittadini americani, europei e giapponesi con l’intento di “incoraggiare una stretta collaborazione fra queste tre regioni sui problemi comuni, e di migliorare la comprensione pubblica di questi problemi”. Naturalmente questo proclama è una baggianata. Essa è un club esclusivo di potenti personaggi decisi a tutelare i propri interessi, ma che, contrariamente a quanto si crede, non sono affatto un crocchio di autocrati mafiosi ecomplottisti. La Commissione Trilaterale è invece il volto più che pubblico delle destre economiche moderne, cioè pieni sostenitori della democrazia, intesa però come strumento liberamente consegnato a pochi da parte di molti affinché poi i molti possano fare l’interesse dei pochi. Infatti, una delle acquisizioni fondamentali delle destre moderne è stata che le dittature non sono più il mezzo migliore per spremere i cittadini; esse sono affari sporchi, incontrollabili, che finiscono sempre col creare imbarazzanti contraccolpi sui media. Meglio la democrazia, teleguidata naturalmente. Ed ecco che se fino a ieri le destre occidentali esportavano colpi di Stato (Iran, Cile, Grecia ecc.), oggi esportano democrazia (Iraq, Afghanistan, Pakistan ecc.). Mala democrazia ha un brutto vizio: tende a riportare l’interesse dei molti in primo piano, a scapito degli interessi dei pochi. Tende cioè a essere istintivamente di sinistra. E allora bisognava intervenire. La Commissione Trilaterale ha fatto questo negli scorsi trentaquattro anni, con la gentile partecipazione di personaggi noti e meno noti, come Zbigniev  Brzezinski, Jimmy Carter, David Rockefeller, Giovanni Agnelli, Piero Bassetti, Francesco Forte, Arrigo Levi, Carlo Secchi, Edmond de Rothschild, George Bush padre, Dick Cheney, Bill Clinton, Alan Greenspan, Henry Kissinger e tantissimi altri.
Spiego meglio: la democrazia liberamente espressa fa giocoforzal’interesse dei cittadini, visto che sono i cittadini a governarla, e questo ha sempre combaciato perfettamente con l’ideale della Sinistra. Ciò, come si diceva, fu vero più che mai alla fine degli anni ’60, a compimento di due secoli e oltre di Storia. Il Potere non gradiva, ma si è anche detto che il Potere aveva compreso il valore della democrazia come veicolo supremo dei suoi interessi, e qui stava una forte contraddizione. I Padroni del Vapore, all’epoca del processo iniziato da Lewis Powell, dissero in sostanza: la democrazia sta consacrando la sinistra, dunque dobbiamo ucciderla; ma la democrazia ci serve, per cui dobbiamo salvarla. Soluzioni? Di nuovo partirono poche telefonate, questa volta a tre pensatori: Samuel P. Huntington, Michel J. Crozier eJoji Watanuki. Tre intellettuali, docenti universitari e consulenti di governi, rispettivamente americano il primo, francese il secondo e giapponese il terzo. Di nuovo essi stilarono le ricette in termini semplicissimi, nelle 227 pagine del loro The Crisis of Democracy, consegnato alla Commissione Trilaterale nel 1975. Di nuovo essi prescrissero la condanna a morte della Sinistra, ma con uno stupefacente ma. Esso era contenuto nella risposta alla contraddizione di cui sopra, una risposta che può apparire demenziale: se volete salvare la democrazia e ucciderla allo stesso tempo, dovete salvare la democrazia mentre la uccidete. Seguitemi e sarà chiaro.
La spiegazione dell’assurdo paradigma appena scritto si trova, in fondo, nelle parole a pagina 157 di The Crisis of Democracy, dove si legge che “la storia del successo della democrazia… sta nell’assimilazione di grosse fette della popolazione all’interno deivalori, atteggiamenti e modelli di consumo della classe media”.Cosa vuol dire? Significa che se si vuole uccidere la democrazia partecipativa dei cittadini (quella che per definizione fa l’interesse dei molti a scapito dei pochi privilegiati - la Sinistra) mantenendo in vita l’involucro della democrazia (quella che ci fa votare i pochi privilegiati che poi ci spremono come limoni) bisogna farci diventare tutti consumatori, spettatori, piccoli investitori. Che è quello che ci hanno fatto. Così ci hanno fregati, ci hanno annientati come protagonisti della democrazia. E’ stata la loro idea suprema, di suprema genialità. La massa dei cittadini che in seguito a due secoli di lotte dal basso aveva appena imparato a divenire partecipativa, è stata ridotta a Spettatori inerti, appunto consumatori, spettatori, piccoli investitori. L’involucro della democrazia fu salvato, il suo contenuto fu annientato. I tre autori scrissero le istruzioni in termini chiarissimi, ed esse furono messe in pratica per oltre trent’anni in tutto l’Occidente: “Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato (prima degli anni ’60 nda) ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili che stava ai margini, che non partecipava alla politica. Ciò è intrinsecamente anti-democratico, ma è stato anche uno dei fattori che ha permesso alla democrazia di funzionare bene. Infatti, nel testo si legge che la minaccia alla democrazia americana proveniva “dalla dinamica stessa della democrazia in una società altamente istruita, mobilitata e partecipativa”, quella dove erano fioriti i “gruppi giovanili, etnici, e dove quei gruppi stavano assumendo una nuova consapevolezza”. Andavano disattivati, resi apatici, immobili, ed è accaduto precisamente questo ovunque, con il boom edonistico degli anni ’80 e con l’avvento della Tv commerciale.
Vi chiedo di soffermarvi sulle righe qui sopra, perché se si comprende questo si comprende chi è il Potere, come hanno lavorato e chi veramente dobbiamo combattere. Cioè non Berlusconi, ma il Sistema che usa Berlusconi come uno dei suoi tanti strumenti per i suoi scopi finali. E’ infatti assolutamente inutile che oggi gli antagonisti di moda in Italia sbraitino contro la Casta, perché non fu la Casta a disabilitare la democrazia, e soprattutto non è sbraitando contro la Casta che si riattivano i cittadini spenti ormai da più di trent’anni dalle strategie di TheCrisis of Democracy.



“Curare la democrazia con ancor più democrazia è come aggiungere benzina al fuoco.”
Il lavoro di Samuel P. Huntington, Michel J. Crozier e JojiWatanuki si spinse però molto oltre, per colpire ogni aspetto cruciale della democrazia partecipativa. Basta leggere a pagina 161 la lista di ciò che secondo gli autori ostacola la democrazia: “1) la ricerca dell’eguaglianza e del valore dell’individuo… 2) l’espansione della partecipazione alla politica… 3) la competizione politica essenziale alla democrazia… 4) l’attenzione che il governo dà all’elettorato e alle pressioni dalla società”. Ora, se pensate all’epoca che stiamo vivendo, vi trovate in ordine che : 1) sono stati distrutti l’eguaglianza e il valore dell’individuo attraverso la cultura della Visibilità (leggi Vippismo, sia nel Sistema che nell’Antisistema); infatti oggi, e nonostante ci troviamo nella modernità evoluta, chi non è ‘visibile’ nel potere o nei media o nello spettacolo/sport è uno zero sociale rispetto ai chi lo è – 2) l’apatia partecipativa nella polis è ai massimi livelli, così come nelle fabbriche o nella cultura – 3) l’eliminazione dei partiti minori a favore dei grandi schieramenti ha imbavagliato diverse forze politiche ed eliminato del tutto altre – 4) la sensazione a livello di cittadinanza è che il governo ignori sempre e cronicamente le istanze reclamate dai cittadini attivi e dai gruppi che non siano lobby di potere. Ergo, le istruzioni di Huntington, Crozier eWatanuki combaciano in tutto con il presente.
Essi dissero al Potere che “l’idea democratica secondo cui il governo deve rispondere ai cittadini, crea in questi aspettative di soddisfazione dei bisogni e di eliminazione dei mali che affliggono certi gruppi nella società”, e che “curare la democrazia con ancor più democrazia è come aggiungere benzina al fuoco”. Parole incredibili, ma hanno però di fatto modellato le nostre vite fino a oggi. Naturalmente ogni idea di Stato Sociale che “avrebbe datoai lavoratori garanzie e avrebbe alleviato la disoccupazione” veniva tacciata di essere “una deriva disastrosa… poiché avrebbe dato origine a un periodo di caos sociale”. Nel testo si avvertono i potenti che “L’impulso della democrazia è di diminuire il potere del governo, di aumentare le sue funzioni, e di diminuire la sua autorità”, che è esattamente ciò che invece doveva accadere se le nostre democrazie fossero rimaste sane.
The Crisis of Democracy proclama che la risposta a questi ‘mali’ democratici doveva essere una sola: il ritorno al governo delle elite. Huntington, Crozier e Watanuki iniziano ricordando l’esempio illuminante del Presidente americano Truman, che “era stato in grado di governare il Paese grazie all’aiuto di un piccolo numero di avvocati e di banchieri di Wall Street”. Infatti, “la democrazia è solo una delle fonti dell’autorità e non è neppure sempre applicabile. In diverse istanze”, scrivono gli autori, “chi è più esperto, o più anziano nella gerarchia, o più bravo può mettere da parte la legittimazione democratica nel reclamare per sé l’autorità”. Faccio notare che queste parole scandalose furono nella realtà il fondamento ideologico di ciò che avverrà in Europa34 anni dopo con la creazione della nuova Europa sancita dal Trattato di Lisbona, che infatti decreta che noi europei verremo tutti governati in futuro da una elite di burocrati super specializzati che nessuno di noi potrà eleggere, avendo appunto messo da parte ogni legittimazione democratica. Capite da dove viene l’attacco alla democrazia di oggi?

La trappola.
I sindacati, e ogni altra forma di associazione di cittadini attivi, erano ovviamente un problema da affrontare. Qui gli autori diedero il meglio di sé, con una delle trovate più insidiose della storia politica moderna: la cooptazione. Compresero che nelle democrazie evolute era ormai controproducente mantenere uno scontro frontale con i sindacati o con altre organizzazione similari, e con le loro parole diedero inizio a una delle epoche più infami dei rapporti fra Potere e mondo dei lavoratori/cittadini, quella che nel giro di pochi decenni porterà i sindacati dalla loro storica tradizione di lotta per ottenere sempre maggiori diritti, alla miserevole condizione odierna, dove essi ormai possono solo contrattate sul ‘grado di abolizione dei diritti’. Huntington,Crozier e Watanuki scrissero: “Le richieste crescenti e le pressioni sui governi impongono una collaborazione maggiore. Potremmo escogitare mezzi per assicurarci sostegno e risorse… dai sindacati e dalle associazioni civiche. Si faccia attenzione: queste parolevengono scritte agli albori degli anni ’70, in un’epoca in cui la sola idea di un sindacato che “assicurasse sostegno e risorse” al governo avrebbe attratto derisione da una parte se non grida di alto tradimento e sommosse violente nelle fabbriche di tutta Italia. Ma è successo, ce l’hanno fatto fare, e non è necessario riassumere qui la vergognosa parabola in quel senso di CGIL, CISL e UIL perennemente impegnate a togliere le castagne dal fuoco a governi e imprese, o addirittura a finanziare partiti che saranno poi parte dei governi che dovrebbero monitorare. La medesima cosa è accaduta per le cosiddette organizzazioni di cittadinanza attiva, le ONLUS e altri, che oggi sempre più sono cooptati nella spartizione delle torte dei servizi alla cittadinanza, dimentiche che la loro funzione era di vigilare e di combattere le amministrazioni, non di banchettarvi assieme. Ma tornando ai sindacati, The Crisis of Democracy aveva in serbo un altro siluro. Gli autori compresero che la forza delle formazioni sindacali stava nell’ideologia radicale, poiché “quando essa perde forza, diminuisce il potere dei sindacati di ottenere risultati”. E quale potesse essere l’antidoto all’ideologia, gli apparve subito chiaro: la concertazione.  Scrissero infatti: “(Essa) produce disaffezione da parte dei lavoratori, che non si riconoscono in quel processo burocratico e tendono a distanziarsene, e questo significa che più i sindacati accettano la concertazione più diventano deboli e meno capaci di mobilitare i lavoratori, e di metter pressione sui governi”. La concertazione nacque dunque per disabilitare i sindacati. Questi ragionamenti sono inseriti in un contesto più ampio nel testo, ma colpisce come un fulmine il fatto che quei germi della futura disgregazione sindacale fossero così lucidamente chiari a coloro che trentaquattro anni fa pianificavano l’esecuzione capitale della Sinistra in tutto l’Occidente. E non era solo necessario cooptare i sindacati e chiuderli nella trappola della concertazione; bisognava anche privilegiare quelli più grossi e autoritari nella leadership, poiché “nello Stato moderno i capi potenti dei sindacati… capaci di comandare i propri membri, sono una minaccia inferiore all’autorità dei leader politici e sono persino un aiuto ad essa”. Il motivo era chiaro: “Se i sindacati sono disorganizzati, se i membri sono ribelli, se le rivendicazioni estreme e gli scioperi selvaggi sono frequenti, l’applicazione di una politica nazionale dei salari diventa impossibile… contribuendo all’indebolimento del governo (non dei lavoratori!,nda)”, dunque ben venga il sindacato corporazione, più facile da domare.
Questi concetti raccontano, come in un percorso prestampato, tutto ciò che è avvenuto poi, fino alla miserrima condizione odierna dove i sindacati “potenti e capaci di comandare i propri membri” hanno svenduto il Diritto Umano al lavoro e hanno del tutto abbandonato il radicalismo necessario a impedire una tale sciagurata deriva. Di nuovo, ciò dimostra che se vogliamo combattere anche questo trionfo del Potere sul mondo del lavoro di oggi, è inutile prendersela con gli affari parrocchiali di questo o quel governo italiano, di questo o quel leader sindacale. Essi sono solo esecutori volenti o nolenti, nulla di più. Gli esempi si sprecano, come la cocciuta insistenza di ogni nostro esecutivo negli ultimi dieci anni nell’innalzamento dell’età pensionabile, a fronte del fatto che i contabili di Stato continuano a dire che i conti delle casse previdenziali sono invece sanissimi. Perché allora quell’insistenza? Perché devono eseguire ordini dall’alto,ordini concepiti più di trent’anni fa in altri luoghi del mondo. E allora vanno combattuti i mandanti, che oggi come allora non si chiamano Tremonti, Ichino o Epifani.

Social Control.
Come risulta chiaro, il Potere già allora possedeva una visuale cristallina dei problemi seri da affrontare, o di quelli irrilevanti nonostante le apparenze. Fra questi ultimi c’era la massiccia presenza comunista negli Stati europei come l’Italia, che venivaliquidata già nel 1975 con queste parole: “I partiti comunisti hanno perso terreno quasi ovunque nell’Europa occidentale. La loro ideologia è sbiadita, e appare come una Chiesa omologata il cui carisma è in parte scomparso. Perché mai partiti così sedati e moderati dovrebbero costituire una minaccia alla democrazia proprio quando ne rispettano le fondamenta? Liberi dal pericolo di un’effettiva resistenza da parte dei ‘rossi’ (14 anni prima del crollo del Muro di Berlino), i Padroni del Vapore dovevano concentrarsi su elementi assai più moderni, come i media. La Tv fra tutti doveva essere controllata, poiché “vi sono prove massicce che ci dicono che lo sviluppo del giornalismo televisivo ha contribuito all’indebolimento dell’autorità dei governi”, e che anche la stampa “ha assunto un ruolo sempre più critico verso i governanti e i loro funzionari”. L’avvento dei media disposti a sfidare l’autorità era per gli autori una minaccia al funzionamento stesso degli esecutivi, poiché “ha reso quasi impossibile il mantenimento del distacco per governare”, e oltre tutto “l’etica democratica rende difficile oggi impedire (ai media) l’accesso e decurtare l’informazione”. Lamentabile era in particolare “il crescente potere dei giornalisti a discapito di quello degli editori o dei padroni”, e questo obbrobrio veniva affermato senza l’ombra della vergogna. Dunque qualcosa andava fatto, urgentemente, e The Crisis of Democracy decreta cosa: “Occorrono misure importanti per ristabilire il giusto equilibrio fra la stampa, il governo e altre istituzioni”, un concetto che suona come una bestemmia a chiunque abbia chiaro che imporre tale equilibrio significa imbavagliare il ruolo di controllo dell’informazione sui poteri. Superfluo elencare ora come questi precetti si sono di nuovo trasformati in realtà, e come gli esecutori come Murdoch o Berlusconi ancora oggi lavorino per eseguire quegli ordini.
Il lavoro di cui stiamo trattando mantiene tuttavia la focale ben puntata sui cittadini di quell’epoca, che erano usciti dai turbolenti e rivoluzionari anni ’60 rinvigoriti nell’attivismo politico, gente che “siccome richiede (ai governi) maggiori interventi per risolvere i loro problemi, necessita di ancor più controllo sociale”. L’attivismo di quei tempi era democrazia partecipativa, ed essa era la Speranza, ovvero la Sinistra, che andava decapitata. Nel decalogo della riscossa del Potere di Huntington, Crozier eWatanuki, il controllo sociale è una delle ghigliottine. Anzi, più precisamente si parlò il controllo sociale indiretto sull’individuo, quello che sappiamo essere il più subdolo e il meno plateale, il più difficile da contrastare. Uno strumento già oliato in parte negliUSA, ma semi sconosciuto in Europa, “dove la disciplina sociale non è adorata come in Giappone, e dove le forme indirette di controllo sociale sviluppate in America non sono presenti”, in particolare in Italia. Il pericolo di tale mancanza di controlli sociali è che “le classi lavoratrici non vengano del tutto assimilate nel ‘gioco sociale’, specialmente nelle nazioni latine”. In altre parole: se non li si include nel grande popolo dei consumatori, non li potremo controllare mai e continueranno a partecipare. E nelle nuove democrazie consumistiche, sentenziano Huntington, Croziere Watanuki, sarà necessario “sperimentare metodi più flessibili che producano maggior controllo sociale con minore coercizione”. Dodici parole, dodici stringate parole che prescrivono al Potere uno dei processi di ingegneria sociale più devastanti della Storia, finalizzato al controllo di tutti noi: l’Esistenza Commerciale e la Cultura delle Visibilità, cioè le masse dei cittadini ridotti a consumatori/spettatori del tutto disattivati, e che infatti verrà rilanciato con immane potenza di fuoco a partire dalla decade successiva, fino a oggi.
The Crisis of Democracy fu discusso dall’assemblea plenaria della Commissione Trilaterale il 31 maggio del 1975. Le voci di dissenso a questo processo alla democrazia partecipativa vi furono anche in seno alla Commissione stessa, ma di fatto i tre autori diverranno da lì a poco membri dell’amministrazione di Jimmy Carter e le loro idee prenderanno il volo, per atterrare oggi sui davanzali delle nostre case, assieme a quelle dell’avvocato Lewis Powell. Ecco come morì la Sinistra, ecco chi veramente decide come la gente deve vivere. La lista dei manovratori del mondo non si ferma ovviamente a quelli menzionati, ve ne sono altri (WTO, IMF, gli investitori internazionali, le grandi banche d’affari come Goldman Sachs, la Commissione Europea, il gruppoBilderberg, le Think Tank economiche ecc.), ma sono sempre membri dello stesso club, una elite ristretta che dopo due secoli di sconfitte è tornata sul trono. Ecco chi è il Potere, quello che telecomanda tutto ciò che i nostri politici e amministratori fanno di fondamentale.

Conclusione.
Cosa fare in concreto? Innanzi tutto, l’attivismo italiano deve essere meno egocentrico. Oggi in Italia viviamo una sciagurata deriva pilotata da approfittatori in malafede, che vorrebbero convincerci che i problemi capitali di sessanta milioni di italiani sono quelli percepiti da loro e dalla minoranza di borghesi o studenti col sedere protetto che li seguono, e cioè i problemi relativi a Berlusconi e ai sui guai giudiziari, o alle sue presunte connivenze con le mafie regionali, o al suo mediocre conflitto d’interessi ecc. Queste sono sciocchezze se paragonate a quanto sopra descritto, che al contrario domina in modo devastante la vita concreta degli italiani nei sei ambiti vitali: Lavoro, Alloggi, Sanità, (Non) potere di decidere la propria economia, Istruzione, e Possibilità di partecipare alla polis. Decine di milioni di italiani ogni mattina affrontano veri drammi in questi sei campi, drammi che ne decidono la vita e quella dei loro figli, che li angosciano, e che li hanno resi del tutto inerti e impotenti, esattamente come voleva il Potere. Chi si definisce attivista dovrebbe accettare che certe ‘manie’ di moda non sono i problemi capitali delle persone, che gli odiati target di moda non sono le cause primarie del male degli italiani, e infine che è del tutto inutile incitare i cittadini alla partecipazione se essi sono stati scientificamente disabilitati da più di trentacinque anni di lavoro dell’Esistenza Commerciale e della Cultura della Visibilità. Va trovato l’antidoto alla loro paralisi, inutile urlargli addosso con l’Industria della Denuncia e dell’Indignazione. O si comprende questo oppure siamo finiti.
La lotta va fatta con la stessa intelligenza e con la stessaimmensa perizia con cui il Potere ha riconquistato il mondo, e che ho sopra descritto. Contro il bersaglio giusto.